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Rifiuti, tre indagati per l’incendio alla Sev

La colonna di fumo nero al capannone e i vigili del fuoco che tentato di spegnere l’incendioIl sostituto procuratore Beatrice Zanotti
La colonna di fumo nero al capannone e i vigili del fuoco che tentato di spegnere l’incendioIl sostituto procuratore Beatrice Zanotti
La colonna di fumo nero al capannone e i vigili del fuoco che tentato di spegnere l’incendioIl sostituto procuratore Beatrice Zanotti
La colonna di fumo nero al capannone e i vigili del fuoco che tentato di spegnere l’incendioIl sostituto procuratore Beatrice Zanotti

Quel 15 aprile dello scorso anno all’impianto della Sev di Povegliano, l’allarme anti incendio non suonò. E fu un malfunzionamento non da poco. Scoppiò un maxi rogo, bruciò un capannone di rifiuti e i fumi provenienti dalla Sev interessarono i centomila residenti nella zona circostante all’azienda. I vigili del fuoco furono impegnati per giorni per spegnere le fiamme prima e poi i focolai sotto quell’enorme ammasso di inerti bruciati. Da pochi giorni, la procura è venuta a capo di questo maxi incendio, scoprendo responsabili e cause. Chiuderà l’inchiesta nei prossimi giorni, mancano solo gli ultimi adempimenti burocratici e sarà inviato l’avviso di conclusione delle indagini con l’iscrizione di tre indagati. Si tratta del rappresentante legale dell’azienda di trattamento rifiuti e dei due manutentori dell’impianto di allarme dell’incendio nel capannone. A parere dell’accusa, quelle fiamme, quello spavento estesosi in tutto il circondario, le preoccupazioni per lo stato dell’ambiente, quelle riunioni tra prefettura e Comuni, durate giorni, furono provocate proprio dal guasto del sistema di allerta. In pratica, sostiene l’accusa, l’allarme non comunicò alla Civis, l’azienda di sorveglianza incaricata di garantire la sicurezza nei capannoni e non coinvolta nell’indagine, l’avvio delle fiamme propagatesi poi in tutto il capannone. E per quella presunta negligenza, il pm Maria Beatrice Zanotti ha individuato la responsabilità di tre persone di cui, però, non sono stati diffusi i nomi. Erano loro, sostengono gli investigatori, i responsabili della manutenzione della centralina in grado di trasmettere in tempo reale i dati sull’aria surriscaldatasi nel capannone di Povegliano. Se la centralina fosse stata funzionante, è la tesi degli investigatori, quel rogo si poteva spegnere sul nascere con un forte risparmio di energie, soldi e impegno dei vigili del fuoco oltre l’inquinamento atmosferico provocato dai fumi in tutta la zona circostante. . Il pm Maria Beatrice Zanotti è arrivata a questa conclusione dopo aver raccolto una quantità infinita di dati raccolti da carabinieri, vigili del fuoco e Arpav nelle ore e giorni successivi all’incendio. Ha anche nominato un consulente, incaricandolo di scoprire le cause del rogo. Non è spuntata, invece, alcuna indiscrezione dagli investigatori, sulla regolarità della posizione di quei rifiuti nel capannone al momento dello scoppio dell’incendio. Ora il pm Zanotti invierà l’avviso di conclusione d’indagine ai tre indagati che avranno 20 giorni per presentare memorie o farsi interrogare. Alla fine, toccherà al timoniere dell’indagine chiedere il processo o archiviare il fascicolo alla luce delle dichiarazioni dei tre indagati. L’esito si conoscerà solo tra un paio di mesi. •

Giampaolo Chavan

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