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La libertà uccisa da una raffica di mitragliatrice

Il cippo vicino alla stazione di Villafranca nel luogo dove i due fanti vennero uccisiMilitari italiani catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943; li attende la prigionia
Il cippo vicino alla stazione di Villafranca nel luogo dove i due fanti vennero uccisiMilitari italiani catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943; li attende la prigionia
Il cippo vicino alla stazione di Villafranca nel luogo dove i due fanti vennero uccisiMilitari italiani catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943; li attende la prigionia
Il cippo vicino alla stazione di Villafranca nel luogo dove i due fanti vennero uccisiMilitari italiani catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943; li attende la prigionia

Chissà che cosa avrebbe riservato loro la vita, una volta a casa. Chissà se in quel soffio di libertà - durato pochi istanti scanditi dal terrore per gli ordini abbaiati in tedesco che si perdevano nella campagna - pensarono alla famiglia, alla casa, al ritorno. La loro esistenza, invece, finì ingiustamente al ciglio di un binario, in via Molini, a Villafranca, spenta da una scarica di mitragliatrice il 13 settembre di 75 anni fa. Due cipressini oggi, sotto il muro di contenimento della linea ferroviaria Verona- Mantova, a pochi passi dalla stazione, ricordano la morte di Gildo Pianeta e Alberto Pomponi. Poco distante, un monumento più recente, incastrato tra un capitello e le sbarre del treno, perpetua la loro memoria. Perché la tragica fine dei due fanti lasciò sgomenti i villafranchesi. «Vi vendicheremo», disse Domenico Martari, un agricoltore che tornava dalla campagna, chinandosi affranto sui loro corpi. Da quel grande gesto di pietà, la notizia serpeggiò in tutto il paese. È il 13 settembre 1943, da qualche giorno è stato firmato l'armistizio. Le campane del duomo stanno per rintoccare il mezzogiorno. Alla stazione di Villafranca, su un binario morto, è fermo un treno bestiame carico di militari italiani che, oltrepassato il Brennero, sono destinati ai campi di prigionia in Germania. Pomponi e Pianeta sono tra loro. Ma approfittando del treno fermo ed eludendo la sorveglianza, fuggono dal vagone, percorrono pochi metri lungo la linea e si nascondono in un cespuglio sotto la massicciata della ferrovia, dove oggi via Molini è interrotta dal passaggio a livello e dove si ergono due piccoli cipressi. I due fanti non sono di qui. Non conoscono il posto. Ma si sa, è bene tentare la fuga, e poi magari, in quell'aspra guerra civile, in qualche casolare di campagna si può trovare un rifugio. Gildo Pianeta è di Isolabona, in provincia di Imperia, ha 30 anni. È sposato e a casa lo attende il piccolo Adriano. Alberto Pomponi ha, invece, 23 anni, è di Bracciano, vicino a Roma. CE L'HANNO quasi fatta. Nessuno si è accorto di loro. La libertà ha il sapore della campagna vicina, dall'erba alta, in cui nascondersi. I due attendono in un magro cespuglio il momento di quiete adatto, per poi volare via verso la salvezza, in una lunga corsa. Ma il destino interrompe i loro piani. Da un altro vagone esce un soldato, un capitano. Anche lui tenta la fuga. E riesce a nascondersi in un campo. I tedeschi di sorveglianza al treno lo vedono scappare e si lanciano al suo inseguimento gridando. Invano. L'uomo è inghiottito dalla pianura. I nazisti tornano indietro verso il treno, rabbiosi per la corsa e per la perdita del prigioniero. È in quel momento, voltandosi, che vedono nascosti nel cespuglio sotto il binario Pomponi e Pianeta. Un urlo selvaggio gridato in tedesco precede una raffica di mitra. La pioggia di proiettili si abbatte sui due fanti d'Italia, oggi martiri per la libertà. Domenico Martari assiste alla scena. È fermo in prossimità dei binari con il carro, trainato dal cavallo. Si inginocchia su di loro. Li piange. Lo vede anche il capostazione e di lì a poco tutti vanno a vedere al cespuglio dove sono morti Pomponi e Pianeta. La loro storia resta per anni un episodio vago di due fanti uccisi sui binari. Solo negli anni Ottanta l'associazione dei Volontari della libertà, oggi guidata da Angelo Granuzzo, recupera l'identità dei due militari riuscendo a dare a quei due giovani il nome di Gildo e Alberto e contattando chi a casa, quel lontano 1943, li aveva attesi invano. Senza sapere dove fossero finiti. Inizia così una storia nella storia. Il 27 aprile 1986 l'amministrazione comunale di Villafranca con quelle di Isolabona e Bracciano, davanti a una folla di parenti e amici accorsi nonostante la pioggia battente e un vento gelido, inaugura il cippo che tuttora ricorda il sentimento di vicinanza dei villafranchesi a quei due militari morti lontani da casa. E sul quale ogni anno i Volontari della libertà tornano per deporre una corona d'alloro. La loro storia è ricordata oggi anche nell'Atlante delle stragi nazifasciste in Italia, progetto on-line di ricerca dell'Istituto nazionale Ferruccio Parri e dell'Anpi. Quanto al capitano fuggito dal treno, ha la fortuna che non hanno avuto Pomponi e Pianeta. Raggiunge la vicinissima casa del custode del cimitero, Corsini con la sua famiglia di partigiani. Tornerà a casa, a Torino. Morirà nei primi anni Ottanta portandosi dietro il rimorso - spiegherà la vedova presente nel 1986 all'inaugurazione del monumento - di essere stato causa indiretta dell'uccisione dei due fanti. •

Maria Vittoria Adami

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