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Sorpresa fino a marzo: attaccati e ammazzati solo 5 animali in Lessinia

Il dato più appariscente di questo primo trimestre del 2020 in merito alle predazioni da lupo in Lessinia Veronese e Vicentina è il calo consistente: appena tre episodi predatori, di cui l’ultimo solo la settimana scorsa e con un totale di 5 capi predati, tutti in Lessinia centrale-orientale fra Velo, San Mauro di Saline e Badia Calavena: tre bovini e due ovini. Non era mai successo negli ultimi otto anni, da quando in Lessinia, sul finire dell’inverno 2012 si era costituita la coppia Alfa tra Slavc, lupo di ceppo dinarico-balcanico e Giulietta, di ceppo italico. Lo scorso anno, che pure si chiuse con un bilancio di 116 capi predati (104 uccisi e 12 feriti o soppressi) in 73 episodi predatori in Lessinia, la situazione in questo periodo era già di 8 predazioni con 14 capi uccisi o soppressi. È ancora presto per parlare di cambio di rotta, anche perché il comportamento dei selvatici è imprevedibile: tutti ricordano ancora il furore di predazioni dello scorso anno a maggio, con ben 24 episodi predatori nell’arco del mese che fecero 26 vittime. Intanto si prepara la stagione dell’alpeggio: pur con i problemi legati all’emergenza Covid-19 l’attività, configurandosi come agricola, non dovrebbe subire rallentamenti o ritardi per questo motivo. Dal Consorzio di tutela del formaggio Monte Veronese Dop confermano anche che sebbene sia bloccato il turismo con le visite del fine settimana dei tanti turisti che salivano in montagna, l’attività continua. Molti si sono attrezzati per le vendite a domicilio. Chi serve la grande distribuzione non ha subito flessioni e si registra invece un sensibile aumento di vendite nei negozi di paese e di quartiere. Risente della crisi invece chi lavorava per la ristorazione, che comunque nel fatturato globale del Consorzio rappresenta una fetta tra il 15 e il 20 per cento. In questa situazione è da sottolineare che tutti i negozi collegati ai caseifici sono aperti e si lavora normalmente e finora i dati raccolti rivelano che la quantità di latte lavorato è la stessa dell’anno precedente. «Forse nel clima di incertezza che circonda l’immediato, molti preferiscono lavorare forme di allevo per l’invecchiamento, piuttosto che il prodotto fresco, che temono di non poter collocare a breve sul mercato», si osserva dal Consorzio.

V.Z.

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