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Malvezzi, il fotografo della «gente lessinica» e degli Alti Pascoli

Uno scorcio di un alto pascolo della Lessinia: il progetto per valorizzarli verrà presentato sabato a BoscoAngelo «dal Manar», storico malgaro della zona delle Fittanze
Uno scorcio di un alto pascolo della Lessinia: il progetto per valorizzarli verrà presentato sabato a BoscoAngelo «dal Manar», storico malgaro della zona delle Fittanze
Uno scorcio di un alto pascolo della Lessinia: il progetto per valorizzarli verrà presentato sabato a BoscoAngelo «dal Manar», storico malgaro della zona delle Fittanze
Uno scorcio di un alto pascolo della Lessinia: il progetto per valorizzarli verrà presentato sabato a BoscoAngelo «dal Manar», storico malgaro della zona delle Fittanze

«Gli abitanti della Lessinia hanno una scorza dura. Ma sotto c'è un frutto, un frutto succosissimo. Ed è quello che cerco di raccontare». Marco Malvezzi ha 49 anni, la sua passione per la fotografia nel tempo è divenuta professione e il suo obiettivo è quello che sa immortalare forse meglio i pascoli dell'Altopiano, con le donne e gli uomini che lo abitano. Le sue foto, diventate popolari anche grazie ai social, sono state protagoniste di diverse mostre in Lessinia, mentre nella giornata di oggi e per tutto il prossimo fine settimana daranno vita a Villa Maffei ad «Angoli di Lessinia», all’interno della Festa dell'olio. Per Malvezzi la passione per la montagna veronese è partita da lontano, dal padre che lo portava a Cappella Fasani a vedere il transito del Due Valli, poi, da appassionato escursionista («oggi impigrito», sorride) ha iniziato a fotografare prima i paesaggi, poi i prodotti e i protagonisti della montagna. Finché una ristoratrice di Velo vedendo un suo scatto si è illuminata: «Dovresti farlo di mestiere». Le sue foto oggi sono parte integrante del progetto Alti Pascoli, che mira a far iscrivere gli allevamenti a cielo aperto della Lessinia nel registro nazionale dei paesaggi rurali storici. Pascoli fra i quali Malvezzi ha trovato una seconda casa: «Faccio un lavoro che mi permette di stare con persone che mi piace frequentare». Ne sa raccontare la quotidianità, le rughe e la dignità, il peso del lavoro e l'orgoglio per il proprio territorio. Quella di Malvezzi è anche una battaglia culturale. «Va benissimo dire “che bella la Lessinia, che bella la Natura”, ma occorre cominciare ad aggiungere “Che bravo l'uomo lessinico, che la rende bella e viva”». Non solo boschi e roccia, quindi, ma anche allevamenti, malghe, muretti in laste o vecchie giassare. «E persino le cave», aggiunge, «che non vanno demonizzate e che hanno permesso di portare il nome di queste terre nel mondo». Terre meravigliose ma non sempre facili da raccontare. Perché fotografare la gente della Lessinia in modo naturale e spontaneo, ammette, da principio non è stato così immediato. «Ma poi ho capito che i montanari, anche i più duri, ti danno anche le chiavi di casa, basta porsi con cortesia e sincerità. E la correttezza, l'ospitalità e la disponibilità che ho ricevuto qui», conclude, «le ho ritrovate in pochi altri luoghi». •

Riccardo Verzè

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