<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Inquietudini del tempo presente

Cosa rimane agli uomini e alle donne del terzo millennio della mitologia e della simbologia delle montagne? Tutte le più alte vette della Terra sono state espugnate dell’alpinismo, se non svilite da imprese alla ricerca di record o dal ridicolo escursionismo milionario d’alta quota. Sulla cima dell’Everest, la «madre dell’universo» come la chiamano i tibetani, si è già posato un elicottero. All’inaccessibile Olimpo, mitica dimora degli Dei, oggi si sale con una facile escursione di due giorni. Si è persa perfino la memoria della credenza medievale dell’esistenza della montagna del Purgatorio ed è ormai annacquato negli immancabili diari dei viaggiatori occidentali in Himalaya il mito del Sumeru, centro del mondo per la cultura induista e buddhista. E chi sognerebbe di partire, oggi, a bordo di una nave chiamata Impossibile, alla ricerca del Monte Analogo? Hanno perso la loro sacralità anche i monti della Bibbia: l’Ararat dove arenò l’arca di Noè, il Sinai dove Mosè ricevette da Dio le Tavole della Legge, il Golgota dove fu crocifisso Cristo, mete di pellegrinaggi da agenzia turistica. Di queste e di altre cime immaginarie, alla ricerca della montagna come luogo in cui la terra si avvicina al cielo, e l’Uomo a Dio, dirà il XXIV Film Festival della Lessinia. Come di molte altre e ben più reali vette, nei 63 film che da 37 paesi verranno presentati nei dieci giorni di Bosco Chiesanuova. Senza deflettere dalla scelta di raccontare la vita, la storia e le tradizioni delle terre alte, dopo un’ampia ricerca internazionale di tutta la recente produzione cinematografica e audiovisiva, il Festival presenta quest’anno ventitré anteprime italiane e le accosta a una retrospettiva di titoli che sono già nella storia del cinema. Incorniciato, in apertura e chiusura, dal ricordo dei cento anni dalla Grande guerra, dei cinque dalla morte di Mario Rigoni Stern e dall’omaggio a Ermanno Olmi, il Festival dirà dello scioglimento dei ghiacciai, di eccidi celati nelle viscere della terra, di intolleranza omofoba e di segregazione femminile, di alture martoriate dalla bombe. E ancora del prezioso ecosistema delle foreste, di fiumi che tornano a essere vie d’acqua navigabili, di progetti d’integrazione tra vecchi e nuovi montanari. Lontana da apparire come l’idealizzata Arcadia o la pacifica valle di Shangri-La, la montagna si mostra così in tutte le contraddizioni e le inquietudini del tempo presente. Lo scarto tra immaginazione e realtà sarà ancora più scioccante.

Suggerimenti