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L’Europa dà ragione ai Raccagni

Pietro Raccagni aggredito l’8 luglio e morto il 20 luglio 2014La rapina si verificò in villa in via Puccini a Pontoglio
Pietro Raccagni aggredito l’8 luglio e morto il 20 luglio 2014La rapina si verificò in villa in via Puccini a Pontoglio
Pietro Raccagni aggredito l’8 luglio e morto il 20 luglio 2014La rapina si verificò in villa in via Puccini a Pontoglio
Pietro Raccagni aggredito l’8 luglio e morto il 20 luglio 2014La rapina si verificò in villa in via Puccini a Pontoglio

Federica Pagani, vedova di Pietro Raccagni, ucciso a bottigliate da una gang di albanesi l’8 luglio 2014, nella sua villa a Pontoglio, nel Bresciano, ha conquistato la Corte di giustizia europea che le ha dato ragione. Federica Pagani, fra l’altro vicepresidente dell’Unione nazionale vittime di morte violenta, attraverso il suo legale Massimo Proietti aveva sottoposto alla Corte Europea l’esame per l’esigua somma che lo Stato Italiano aveva riconosciuto alla famiglia Raccagni per l’ omicidio del marito. Solamente 7200 euro. I giudici dal Lussemburgo hanno emesso nei giorni scorsi un’ordinanza con la quale non entrano nel caso specifico che ha coinvolto la famiglia Raccagni, titolari della macelleria in via Porta San Zeno a Lazise ma tracciano delle linee guida alle quali si devono adeguare i giudici italiani. In pratica, sostiene la Corte di giustizia europea, gli indennizzi riportati nelle tabelle della legge nel nostro ordinamento sono irrisori. Si parla di 7.200 euro in caso di omicidio e di 4.800 euro in caso di violenza sessuale. Un’inezia. Un’ulteriore beffa per i Raccagni se solo si pensa «che in sede penale», spiega Federica Pagani, «i quattro banditi, condannati a 62 anni complessivi, sono stati condannati ad un risarcimento a 1.800.000 euro ma fino ad oggi non abbiamo visto un centesimo e non li vedremo mai se solo si pensa che si tratta di nullatenenti», Nella loro ordinanza, i giudici continentali alzano il limite fino a 150.000 in caso di un omicidio, cancellando così «paletti», stabiliti dalla normativa del nostro paese. In realtà. spiega ancora l’avvocato Massimo Proietti di Roma «tutore» della famiglia Raccagni, «in attesa della decisione «europea, la legge italiana si è adeguata, alzando il limite massimo a 50.000 euro». L’incognita, quindi, adesso riguarda il contenuto delle sentenze dei tribunali italiani. Si adegueranno alle linee europee che porta gli indennizzi a 150.000 euro o a quelle italiane che arrivano, invece, a 50.000? «Lo sapremo», fa sapere il legale dalla capitale, «solo a fine anno quando il tribunale emetterà la sentenza sul caso Raccagni». La decisione dei giudici civili si fonderà ovviamente anche sulle linee guida della Corte di giustizia europea, firmata nei giorni scorsi. «Una vita davvero vale così poco per lo Stato», ha più volte dichiarato Federica Pagani, «quindi una vera presa in giro per tutti noi che abbiamo subito questa orrenda violenza. Il ricorso non è stato presentato solo per un risarcimento in danaro ma per avere piena giustizia. Vogliamo che ci sia il pieno rispetto della nostra dignità anche se ovviamente ciò non mi ridarà mai mio marito Pietro». È, quindi, ancora giacente alla sezione civile del tribunale di Roma, la causa sempre dall’avvocato Massimo Proietti contro il Ministero dell’interno e la Presidenza del consiglio dei ministri per il riconoscimento dell’indennizzo ai superstiti delle vittime di morte violenta. Il giudice Lia Papoff era intenzionata ad attendere la pronuncia dell’Alta Corte Europea, fra l’altro interpellata a gennaio scorso dalla Cassazione in merito ad un caso simile che eccepiva la possibile incongruità di quel risibile ristoro accordato. «Sarà molto interessante vedere cosa decideranno i giudici di ultima istanza alla luce delle indicazioni della Corte di giustizia europea», commenta l’avvocato Proietti. Anche la vedova di Pietro Raccagni sottolinea che bisognava «capire l’effettiva equità della cifra stabilita dalla legge 122 per l’accesso al Fondo per le vittime dei reati violenti e la corretta applicazione da parte dell’Italia delle norme europee», sottolinea. Ora la causa radicata nella capitale è vicina alla sentenza. «Abbiamo 30 giorni per depositare la memoria conclusiva» soggiunge la vedova di Pietro Raccagni «e prevediamo che possa giungere a sentenza entro Natale prossimo». Va ricordato che Pietro Raccagni aveva tentato di inseguire i malviventi che si stavano impossessando della sua Mercedes, nella notte fra il 7 ed 8 luglio 2014 ma fu colpito alla testa con una bottiglia di spumante usata come arma dai malviventi. Morì in ospedale dopo 11 giorni di agonia. Per l’omicidio di Raccagni furono condannati in quattro. «Io ed i miei figli abbiamo deciso di cambiare vita ed aria» conclude Federica Pagani, «e con grande coraggio abbiamo lasciato Pontoglio e siamo giunti a Lazise dove abbiamo trovato umanità, comprensione, amicizia ed anche una speranza». •

Sergio Bazerla

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