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INFANZIA TORMENTATA

Bimba di 11 anni
allontanata
dalla madre

Infanzia sofferente
Infanzia sofferente
Infanzia sofferente
Infanzia sofferente

«Mamma io voglio stare con te, perché non mi fanno stare con te? Continuano a spostarmi di comunità, io mi vergogno di stare in comunità, voglio tornare a casa dalle mie cose, tra i miei giochi, con le mie amiche e con te». Giulia, nome di fantasia, ha 11 anni. Questo è uno stralcio di una sua telefonata alla mamma. Da aprile 2018 la ragazzina è stata portata in una comunità per ragazzi che hanno problemi a casa. Gli avvocati della madre, Gabriella De Strobel e Federica Panizzo hanno depositato una richiesta affinché venga immediatamente revocato il provvedimento che ha disposto il collocamento della minorenne nella comunità diurna, per interrompere questa situazione di profondo dolore che sta stravolgendo la vita della piccola. Le due avvocate, inoltre, chiedono che sia disposto l’affidamento condiviso della minorenne a entrambi i genitori, con collocamento prevalente nell’abitazione della madre, con la previsione di visite protette con il padre che portino gradualmente e sotto monitoraggio ad una regolare frequentazione. Secondo le avvocate sarebbe anche necessario che «venisse mantenuto il supporto neuropsichiatrico per la minore e che venisse disposto che il padre versi alla madre un assegno di mantenimento per la figlia Giulia di mille euro mensili oltre rivalutazione o la diversa somma che verrà ritenuta conforme a giustizia, oltre al rimborso dell’80% delle spese extra ed accessorie per la figlia minore come da protocollo del Tribunale di Verona». Intanto, però, Giulia resta in comunità, pur non essendo stati rilevati problemi di alcun genere a carico della madre. E lo testimoniano le perizie fatte da periti di parte. Nella consulenza tecnica d’ufficio non sono emerse psicopatologie nella signora. Nella relazione della psicologa che l’ha esaminata (e che si chiede venga sentita dal Tribunale), non emerge, infatti, alcun disturbo di personalità o altro disturbo mentale. Scrivono le avvocate: «La madre, anzi, nonostante abbia vissuto l’allontanamento dalla minore in comunità diurna come una grande sofferenza (e sembra veramente il minimo), ha comunque accettato tale proposta per creare quel distacco che le era stato consigliato come utile per la figlia e per crearsi spazi autonomi e di crescita, assecondando ogni consiglio e ogni richiesta di cambiamento, nella convinzione che si sarebbe trattato di una condizione provvisoria per il bene della sua bambina». Da anni sua madre lotta per lei, lotta da quando è nata. Da quando il padre pur avendola riconosciuta a distanza di otto anni, non le ha comunque dato il suo cognome. Ed è stata proprio la conflittualità tra i genitori, non coniugati, a far scoppiare il caso. Giulia e la mamma abitavano in una casa destinata a militari dell’Esercito. L’uomo poi se n’è andato e ha fatto chiudere le utenze. Di vicende ne sono accadute tante, ma poi Giulia era andata a vivere, grazie all’allora assessore ai servizi sociali Anna Leso che si era presa in carico la faccenda, in una casa popolare. «Ho speso diecimila euro di mobili, per far fare le scaffalature su misura», dice la mamma di Giulia, «ma le assistenti sociali hanno detto che la casa non era adatta. È piccolina, ma pulita, ordinata, non c’è niente di inadeguato. Contro di me si è messo un perito del tribunale che si è inventato un mucchio di nefandezze, che ho denunciato. Ma intanto mia figlia resta in una comunità, me la fanno vedere un’ora alla settimana. Eppure anche chi la segue e chi l’ha analizzata ha ammesso che non c’è alcun problema. Il padre, nel periodo di convivenza mi maltrattata e mi ha anche mandato in ospedale. Ho i certificati medici che per altro ho fatto persino fatica a reperire perchè erano spariti dagli archivi non so come». La donna racconta anche che il perito del tribunale lavorava nello stesso ufficio in cui lavorava una delle psicologhe che lavorava al caso di sua figlia. Disperata, la donna ha tentato di bussare a tutte le porte per riavere sua figlia e adesso dopo una serie di richieste di informazioni ha chiesto aiuto anche all’assessore Stefano Bertacco che si è riservato qualche giorno di tempo per poter analizzare tutta la documentazione e vedere di capire cosa sia effettivamente accaduto.

Alessandra Vaccari

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