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Il presidente dell’ente fieristico scaligero e di quello italiano (Aefi)

Danese: «Veronafiere? Più forte grazie
a investitori privati e pubblici»

Maurizio Danese, presidente di Veronafiere e di AefiLa sede di Veronafiere in Viale del Lavoro
Maurizio Danese, presidente di Veronafiere e di AefiLa sede di Veronafiere in Viale del Lavoro
Maurizio Danese, presidente di Veronafiere e di AefiLa sede di Veronafiere in Viale del Lavoro
Maurizio Danese, presidente di Veronafiere e di AefiLa sede di Veronafiere in Viale del Lavoro

Il sistema nazionale delle Fiere, con Verona in prima linea, chiede di poter ripartire il prima possibile, in sicurezza e con tutte le misure anti Covid previste, ma per dare sostegno al made in Italy è fondamentale che gli eventi ripartano, perché altrimenti «il sistema nazionale è fortemente a rischio. Anzi, rischiamo di perderlo». Parole del presidente nazionale di Aefi, Maurizio Danese, che proprio l’altro giorno ha incontrato il sottosegretario del Ministero Affari Esteri e della Cooperazione (Maeci), Manlio Di Stefano, per chiedere tempi certi e garanzie di un fondo a ristoro delle perdite finora subìte.

Si riparte allora?
Vogliamo che sia chiaro a livello internazionale che le Fiere italiane riaprono con una data certa, così che espositori e imprenditori possano organizzarsi per venire in Italia. Le fiere non si improvvisano e cambiare la cadenza e la data di una manifestazione, che sono coerenti con le esigenze espresse dalle imprese clienti che impostano le proprie campagne commerciali su quelle date, così come il lancio di nuovi prodotti, equivale ad organizzare una nuova rassegna e sostenerla con pari investimenti promozionali. È un lavoro di pianificazione e armonizzazione di calendari a livello nazionale e internazionale di forte impatto sugli organizzatori e i clienti, siano essi espositori o visitatori.

Il ruolo delle istituzioni a supporto del sistema fiere è importante in questo momento...
Il confronto tra il sostegno che i nostri competitor europei ricevono dalle loro istituzioni in uno scenario non di emergenza e quanto ha fatto dal 2015 il nostro governo con il Piano straordinario di promozione del made in Italy - che, per l’anno in corso, prevede 30 milioni di euro per l’incoming di operatori per tutte le principali fiere internazionali del paese - è impietoso e scoraggiante. In Francia, solo sulla Fiera di Parigi», sottolinea Danese, «la Camera di Commercio ha messo 500 milioni di euro. La Germania ha garantito 550 milioni a Francoforte e 630 a Düsseldorf entro il 2030.

Il recente incontro tra i vertici di Aefi, presieduta da lei, e Comitato Fiere Industria (Cfi) con il sottosegretario Di Stefano, ha aperto un dialogo positivo con il governo che potrebbe tradursi a breve in un sostegno concreto al settore...
Il governo sinora ha adottato alcune apprezzabili misure tra cui i crediti di imposta e i finanziamenti Simest per gli espositori e gli interventi Ice per il Made in Italy del patto per l’export, che però non sono sufficienti per sostenere e far recuperare l’equilibrio economico-finanziario alle aziende fieristiche italiane. Da tempo chiediamo un fondo strutturale per ridurre i danni sopportati per lo spostamento o l’annullamento delle manifestazioni nel corso del 2020. E in tal senso, va la proposta normativa elaborata dal Ministero degli Esteri per il prossimo Dl “Agosto” che prevede l’integrazione di 400 milioni del Fondo Simest per creare una nuova sezione dedicata al consolidamento e finanziamento agevolato degli organizzatori fieristici. Un supporto fondamentale per far fronte anche alla concorrenza internazionale che, oltre ad aver già ripreso in molti casi l’attività, beneficia del sostegno dei loro governi.

Il sistema fiere made in Italy rialza la testa quindi?
Noi siamo pronti fin da subito a tornare operativi nel nostro ruolo di strumento strategico a servizio della politica industriale del Paese. Per questo confidiamo che il governo approvi l’istituzione urgente del fondo di sostegno di almeno 400 milioni di euro al nostro comparto che nel 2020 sarà messo in ginocchio da un crollo del fatturato superiore al 70%. Le risorse a fondo perduto per i proprietari di quartieri fieristici e proprietari di eventi sono indispensabili.

Un primo bilancio delle conseguenze del Covid-19?
Al crollo del fatturato, va aggiunto quello dell’indotto se pensiamo che secondo lo studio di Aefi a un miliardo di fatturato delle fiere corrispondono 23 miliardi di indotto. Verona ne sa ben qualcosa visto che quest’anno ha dovuto fare a meno per esempio di Vinitaly e non solo. Ma sono mille le manifestazioni fieristiche organizzate dal settore ogni anno (oltre 200 le internazionali e 89 quelle organizzate all’estero) ed è quantificato tra i 60 e gli 80 miliardi il volume d’affari annuale generato dalle 200.000 imprese italiane espositrici e dai 20 milioni di operatori provenienti dall’Italia e da tutti i paesi del mondo. Il 50% delle esportazioni, nasce da contatti originati dalla partecipazione alle manifestazioni fieristiche.

In termini di manifestazioni? 
Il bilancio è di 181 fiere annullate o posticipate, alcune al 2021. Di queste, 88 sono a carattere internazionale e 93 nazionali, a cui si aggiungono numerose manifestazioni a carattere regionale e locale. Solo i quartieri fieristici hanno un fatturato superiore al miliardo di euro, con perdite stimate quest’anno superiori ai 700 milioni di euro, generano un indotto annuo dai 15 ai 30 miliardi di indotto sui territori.

Presidente Danese, il consiglio di amministrazione ha preso atto che è necessario chiamare di nuovo l’aumento di capitale: cosa accadrà adesso?
A febbraio i soci avevano votato tutti a favore dell’aumento di capitale, ma purtroppo il Covid costringe ad aggiornare la valutazione del valore dell’azienda. C’è chi ha sottoscritto subito come la Bcc di Concamarise e poi Intesa Sanpaolo; gli altri soci in base ai nuovi parametri provocati dal Covid hanno dovuto fare nuove valutazioni e quindi sono stati impossibilitati nel proseguire con l’aumento di capitale. Non è un problema di cattiva volontà, ma un problema tecnico legato al sovrapprezzo delle azioni. Bisogna rapportare i valori in modo corretto, sia per il socio pubblico che per il socio privato. Il cda ha quindi preso atto dell’esito dell’aumento di capitale e delle motivazioni apportate dai soci e darà mandato affinché venga svolta una nuova valutazione sul valore della Fiera, corretta al tempo del Covid, per richiamare poi un nuovo aumento di capitale della stessa portata per assicurare che il piano industriale possa andare avanti.

Da un lato l’aumento di capitale per sostenere il consistente piano di investimenti, dall’altro la scrittura di un nuovo statuto che tenga conto delle posizioni in campo: dopo la trasformazione in spa arriverà la privatizzazione e lo sbarco in Borsa?
La nostra linea è sempre stata quella di privatizzare la Fiera, percorso iniziato subito con la trasformazione in spa e che doveva proseguire con un aumento di capitale che portasse la Fiera a maggioranza privata sia per motivi tecnici che operativi, con il soggetto pubblico garante che la Fiera continui a creare valore per il territorio e il soggetto privato garante che la Fiera crei business nel mercato. E per questo i soci avevano creato un tavolo di confronto. È necessario che i soci continuino a dialogare per trovare una sintesi con uno statuto che rispecchi questi obiettivi: è necessaria una modifica che assicuri, nell’interesse e a tutela della città e del territorio, le garanzie necessarie a Comune di Verona, Camera di commercio e agli altri soci pubblici, come Regione e Provincia. E che permetta ai soci privati di poter fare tutti gli investimenti necessari per mettere in condizione la fiera di competere nel mercato assicurando la giusta redditività. Sono fiducioso. In questo percorso, ci potrebbe essere anche la valutazione di intraprendere un percorso di quotazione per completare il processo di privatizzazione. Intanto andiamo avanti con l’aumento di capitale.

Intanto avete acceso linee di credito: la gestione ordinaria è al sicuro no?
Da parte nostra abbiamo messo in sicurezza l’azienda con finanziamenti straordinari con primari istituti di credito e, l’ultimo, di 10 milioni con Cassa depositi e prestiti per cui l’attività aziendale è garantita e assicurata con finanziamenti a debito.

In questo scorcio di fine anno contate di fare eventi?
Faremo sicuramente da ottobre a dicembre OilNonOil, Fieracavalli, Wine2wine Exhibition, la nuova rassegna B/Open e Artverona. Samoter e Asphaltica, in accordo con le associazioni di categoria nostre partner, Unacea e Siteb, è stato spostato a marzo 2021 perché è la data migliore per lo svolgimento delle rassegne, insieme alle quali è stata confermata in questi giorni anche LetExpo sulla logistica, frutto dell’accordo con Alis Servizi. Per tornare a un pieno regime di attività e ai livelli originari, però, stimiamo che serviranno un paio di anni almeno.

La Fiera, si dice, deve essere più privata per avere le armi per competere in un mercato agguerrito. Il Covid ha aperto un risiko molto vivace tra le Fiere e Verona che ruolo gioca?
Veronafiere si confronta in un agguerrito mercato privato, il sistema fieristico europeo è molto sostenuto dagli Stati al contrario dell’Italia. Tutte le aziende devono fare massa critica per stare sul mercato e anche Veronafiere dovrà fare ragionamenti e guardare alle alleanze o con Emilia Romagna o con Milano o anche con partner stranieri, cosa che non escludo. Perché non possiamo diventare partner di organizzazioni fieristiche straniere che possono aiutarci nel mercato estero? Nel cda abbiamo deliberato di cominciare a valutare eventuali opportunità anche in questo senso. E sono convinto che Verona possa giocare un grande ruolo nel panorama fieristico nazionale, può sedersi ai tavoli giusti, creare e cogliere le opportunità. In ogni caso decideranno i soci».

Da Bedoni di Cattolica è arrivata la richiesta di una accelerazione dei tempi mentre Cariverona ha aperto al sostegno e all’investimento: come avete recepito questi segnali?
Sono stati assolutamente positivi. Pensiero che è anche di Banco Bpm. Intesa Sanpaolo e Banca Veronese di credito cooperativo di Concamarise hanno già dimostrato con la sottoscrizione, quanto credono nel futuro della nostra azienda. Tutti i soci hanno un’idea di crescita e di sviluppo della Fiera, privatizzandola e facendo investimenti che si confrontino con il mercato. Il Covid ci costringe ad accelerare i tempi. La stessa Camera di Commercio, che è molto dispiaciuta di non aver potuto procedere con la sottoscrizione, ha ribadito la sua totale disponibilità a sostenere la Fiera sia economicamente, sia nei progetti di sviluppo, così come il Comune di Verona, che è molto vigile nel tenere monitorata tutta l’operazione.

Vi aspettavate più aiuti da Regione e Stato?
Sì. Ci eravamo illusi che grazie all’intervento di tre presidenti di Regione come Zaia, Fontana e Bonaccini il Governo provvedesse a sostenere le Fiere, ma purtroppo non è passato nulla per ora. Per questo siamo stati a Roma al Ministero degli affari esteri e della cooperazione per chiedere al Governo risorse concrete. Qui servono i fatti: un intervento a fondo perduto a ristoro delle perdite di chi possiede i quartieri fieristici e manifestazioni. Se il Governo non sostiene il sistema fieristico nazionale, che è tutto in sofferenza, rischia di perderlo. Inutile che investiamo milioni di euro per promuovere il made in Italy nel mondo quando rischi di perdere l’intero sistema. Quando ci troveremo una azienda francese che acquisterà una fiera italiana e spingerà i prodotti transalpini, come ad esempio il vino, cosa faremo? Lo vedo come un pericolo molto concreto.

Ma gli ultimi bilanci di Veronafiere sono sempre stati battuti tutti i record, in crescita e con grandi fatturati e margini. Cosa è successo?
La battuta d’arresto del Covid è arrivata mentre eravamo impegnati nel sostenere il piano di investimenti. Non eravamo fermi a fare cassa e a consolidare, ma abbiamo investito in autofinanziamento e ci sono venute a mancare le entrate.

Quindi vi aspettate aumento di capitale nuovo e chiusura dello statuto?
Mi auguro che nell’occasione dell’aumento di capitale riprogrammato, i soci abbiano già condiviso un nuovo statuto che preveda il futuro di Veronafiere. Il prima possibile. Anche se l’aumento si farà, indipendentemente dallo statuto. Bisogna prendere scelte veloci perché il mercato corre e si dovrà valutare anche se ricalibrare gli investimenti, tenendo conto che la parte fisica delle fiere è ancora vincente. Dovrà essere affiancata dalla parte digitale, ma la fiera si fa in presenza. •

Maurizio Battista

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