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Una targa all’ex lager Applausi a Liliana Segre

Adriano  BianconiLa cerimonia per la targa del «Campo di concentramento di Montorio», in zona Ponte Florio FOTO MARCHIORI
Adriano BianconiLa cerimonia per la targa del «Campo di concentramento di Montorio», in zona Ponte Florio FOTO MARCHIORI
Adriano  BianconiLa cerimonia per la targa del «Campo di concentramento di Montorio», in zona Ponte Florio FOTO MARCHIORI
Adriano BianconiLa cerimonia per la targa del «Campo di concentramento di Montorio», in zona Ponte Florio FOTO MARCHIORI

La voce tenorile del «chazzan», cioè cantore, Angel Harkatz, ebreo argentino, proclama il Salmo 130, «Adonai (Signore) ascolta la mia voce». E un canto di un rabbino scampato all’esecuzione di duemila ebrei, in Ungheria, a opera delle SS naziste. C’è un silenzio da brividi, a Ponte Florio, sulla pista ciclabile lungo via Da Legnago, alla cerimonia per lo scoprimento della targa commemorativa del «Campo di concentramento di Montorio». È quello che sorgeva poco distante, nella campagna di fronte alla corte Colombare, in un edificio, ora diroccato. Lì nel 1944 trascorsero diversi giorni sessanta ebrei romani, prigionieri. Trasferiti a Fossoli e poi ad Auschwitz, in Polonia. Lì transitarono anche prigionieri politici. Ma c’è un altro brivido, unito a un applauso, che scorre tra il centinaio di presenti, tra cui gli studenti di seconda a terza media degli istituti comprensivi 17 di Montorio e 16 della Valpantena. Quando Roberto Israel, presidente per Verona dell’associazione Figli della Shoah e vicepresidente della Comunità Ebraica, cita la presidente nazionale dei Figli della Shoah, la senatrice Liliana Segre. «È tra i firmatari dell’interrogazione parlamentare del senatore veronese Vincenzo D’Arienzo per fare in modo che la corte, luogo della memoria, non venga venduta». L’applauso scatta tanto più perché Liliana Segre, 89 anni, ebrea milanese sopravvissuta ai lager, è al centro della polemica che riguarda la cittadinanza onoraria di Verona, a lei concessa dal Comune che ha anche deciso di intitolare una via a Giorgio Almirante, l’ex leader del Msi-Dn. «Non è accettabile intitolare una strada a chi firmò le leggi razziali e nominare anche cittadina onoraria chi le leggi razziali le subì», dice D’Arienzo, senatore del Pd. La cerimonia però ricorda anzitutto l’iniziativa di studio e di memoria del comitato montorioveronese.it, con Roberto Rubele, Cristian Albrigi e Gabriele Alloro, che puntano a fare della corte Colombare un «museo della Memoria, visitabile», dicono, auspicando che l’edificio, tra i beni del Demanio da alienare, non sia venduto. E Gianni De Zuccato, della soprintendenza, spiega che «la vendita è bloccata e si sta ponendo sulla casa il vincolo demoetnoantropologico, che una volta sancito renderà il bene inalieneabile». Parole che danno speranza ai promotori dell’iniziativa, che ha visto protagonista anche l’Istituto per la storia della Resistenza, presieduto da Stefano Biguzzi, il quale ricorda «i sessanta luoghi della Resistenza a Verona, e del ventennio fascista, inseriti in una mappa, curata dallo storico e socio Olinto Domenichini». La presidente dell’Ottava circoscrizione Alma Ballarin ringrazia i volontari adoperatisi per la targa e lo fa anche il consigliere comunale della Lega Roberto Simeoni, che sottolinea «il valore della memoria per i giovani». Tra i presenti il comandante della stazione dei carabinieri di San Michele Edoardo Fornas, la consigliera comunale del Gm Anna Leso, gli Alpini di Montorio, Aned, Avis, l’associazione Italia-Israele. E c’è Adriano Bianconi, 88 anni, che da bambino viveva nella campagna vicino a corte Colombare. «Andavo a portare i pomi ai prigionieri, di nascosto», dice. «Ricordo un ragazzo scappato dalla casetta: fu gambizzato. Rimasto vivo, la mattina dopo fu freddato con uno sparo alla testa». Adriano non dimentica. •

Enrico Giardini

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