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Parla il pilota salvo dopo essere planato in Adige

«Pochi secondi per decidere cosa fare per sopravvivere. Ma tornerò lassù»

Parla il pilota salvo dopo essere planato in Adige
Paolo Pocobelli, 48 anni, istruttore di volo a Boscomantico
Paolo Pocobelli, 48 anni, istruttore di volo a Boscomantico
Paolo Pocobelli, 48 anni, istruttore di volo a Boscomantico
Paolo Pocobelli, 48 anni, istruttore di volo a Boscomantico

Il barone rotto tornerà presto a volare. Tempo di aggiustare polso e femori fratturati e sarà di nuovo seduto in cabina di comando. «Quando volo sono veramente felice, non potrei vivere senza», dice subito respingendo ogni possibile «se» e «ma». Inutile pensare che la «grande paura» possa avergli fatto cambiare idea, meno ancora ci riusciranno le suppliche della moglie.

I suoi due bambini sono troppo piccoli per chiedergli di finirla con gli aerei, non sanno che hanno rischiato di perdere il papà, lo aspettano a casa a Milano, ad Opera, «quando avrà finito il lavoro». Paolo Pocobelli è un miracolato, lo ammette pure lui dal letto del Polo Confortini dove è ricoverato da venerdì sera con un po’ di ossa rotte - il braccio sarà operato nei prossimi giorni - e una bella ferita sulla fronte. E’ un istruttore della scuola volo di Boscomantico finito dentro all’Adige a Settimo di Pescantina «per evitare il peggio», sospira, «e per fortuna è andata bene».

Paolo Pocobelli, 48 anni, istruttore di volo a BoscomanticoIl gommone dei vigili del fuoco si avvicina al Cessna per mettere in sicurezza il relitto di aereo caduto nell’Adige FOTOSERVIZIO  PECORA
Paolo Pocobelli, 48 anni, istruttore di volo a BoscomanticoIl gommone dei vigili del fuoco si avvicina al Cessna per mettere in sicurezza il relitto di aereo caduto nell’Adige FOTOSERVIZIO PECORA

 

E’ stata la sua grande esperienza a scongiurare la tragedia: è riuscito a far planare sull’acqua il Cessna Centurion 210 di proprietà dell’amico che sedeva accanto a lui, Daniele. E’ riuscito, nonostante sia paraplegico per un incidente avuto col paracadute 26 anni fa, ad uscire dalla cabina sott’acqua, a salire in superficie e, aiutato dal compagno, a raggiungere la riva.

 

Cos’è successo, Paolo, lassù?

Il motore ha smesso di funzionare, il perchè preciso non lo so. Stavamo atterrando e all’improvviso la macchina sotto non c’era più. Ho la mia idea, è ovvio, ma non ne voglio parlare, lo farò solo con gli inquirenti e con gli ispettori chiamati a indagare sull’incidente. L’importante è essere ancora qui a poterlo raccontare.

Ha avuto paura?

Lì per lì no, la paura non puoi permettertela quando hai una manciata di secondi per decidere cosa fare per portare a casa la pelle tua e di chi vola con te. Dopo, a ripensarci, i brividi ti vengono, ci rifletti, ma ne siamo usciti bene, siamo “fuori“ vivi e vegeti.

Che possibilità c’era di non farcela?

Uguale a quella di sopravvivere: un atterraggio di emergenza in acqua non è facile, ci sono mille incognite che possono interferire e rendere la manovra complicata. Sì, potevamo morire, siamo stati molto fortunati.

Ha giocato più l’esperienza o qualche santo in Paradiso?

Tutti e due. Se non hai alle spalle tante ore di volo, di pratica, di conoscenza delle procedure, in situazioni così rischi di andare nel panico e di farti prendere dal terrore. Sono fondamentali invece “sangue freddo“ e capacità di reazione: in trenta secondi da su l’aereo è finito in acqua. Praticamente pochi battiti di ciglia: non hai tempo da perdere e devi decidere in fretta qual è la soluzione migliore. Sotto di noi c’erano campi, boschi, case e, appunto, l’Adige: scendere da una parte piuttosto che dall’altra, avrebbe fatto una grande differenza. Poi sì, ci ha messo lo zampino pure la fortuna, quella serve sempre e aiuta.

E’ sbagliato quindi parlare di caduta?

Non è stata una caduta ma una planata voluta, in gergo diciamo una “planata maschia“, bella pesante, che poteva finire allo stesso modo.

Sia sincero, ha pensato di morire?

So bene che scendere su un fiume ha molti rischi: se invece di farlo con la pancia ci entri di punta, ad esempio, l’impatto non è mai una passeggiata. Comunque sì, in pochi secondi ti giochi tutta la vita, l’importante è non farti prendere dall’agitazione e dai pensieri neri: è fondamentale concentrarsi sulle cose da fare per uscirne vivi. Ed è andata così. Voglio ringraziare il mio amico Daniele: io l’ho portato giù, lui mi ha tirato su aiutandomi a raggiungere la riva, per me la parte meno facile... io non muovo le gambe.

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Cosa è successo nel fiume?

Il Cessna in 30 secondi è sceso e si è riempito di acqua con noi dentro: l’impatto ha frantumato il parabrezza, Daniele è uscito da lì. Io invece sono passato dal finestrino, ho nuotato sotto all’aereo e da lì sono risalito all’aria aperta. E’ stato possibile solo perchè sono un sub esperto e quindi ho una certa capacità di resistenza in apnea: avevo il polso destro rotto malamente e, ho scoperto poi in ospedale, entrambi i femori fratturati, sentivo dolore ma ho stretto i denti. Credo mi opereranno, c’è bisogno dei chirurghi per rimettermi in sesto. Sì, sono un miracolato.

E poi?

Poi la corrente dell’Adige ci spingeva via, Daniele mi ha sostenuto e mi ha aiutato a raggiungere la riva 200 metri più a valle rispetto al luogo dell’impatto. Lì c’era l’elicottero di Verona Emergenza che ci ha messi in salvo: il tecnico del Soccorso alpino dell'equipaggio sbarcato con un verricello prima ha recuperato me e poi Daniele. Io sono stato portato in ospedale in elicottero, lui in ambulanza.

E’ stata la sua prima «piantata di motore» questa?

Così brutta, sì. E adesso che ho superato anche questa, non mi ferma più niente! Ci torno lassù, non vedo l’ora, appena i dottori mi aggiustano mi faccio un giro indimenticabile. Scherzi a parte, essere paraplegico è un limite oggettivo per uscire da un aereo sott’acqua: ripeto, ho i brevetti da sub, in più non ero solo, insomma tutto è stato importante per l’esito felice di questo incidente. Poteva andare peggio, potevano esserci dei morti e nessuno, forse, avrebbe mai potuto capire cos’è successo. Eravamo in volo da mezz’ora e stavamo rientrando a Boscomantico: mancavano pochi minuti per atterrare sulla pista.

Sua moglie ha preso un bello spavento...

Non parliamone, argomento tabù. So bene che non è facile per lei, per la mia famiglia, per chi mi vuole bene accettare la situazione. Ma il volo è la mia passione, è la mia vita, ci ho investito tanto, sono andato in giro per il mondo per riuscire a farlo, non posso rinunciare per paura o perchè può succedere di nuovo. E poi è il mio mestiere, sono un istruttore, ho fondato l’associazione «Ali per tutti» per permettere ai disabili di pilotare un ultraleggero o un aereo di aviazione generale. Le barriere vanno superate, spesso sfondate, ma dal cielo i baroni rotti come noi le possono sorvolare. E dà una felicità indescrivibile. •

Camilla Ferro

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