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Dopo Conte, politici veronesi divisi

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante il suo intervento al Senato. Ai suoi lati i vice Salvini e Di Maio
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante il suo intervento al Senato. Ai suoi lati i vice Salvini e Di Maio
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante il suo intervento al Senato. Ai suoi lati i vice Salvini e Di Maio
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante il suo intervento al Senato. Ai suoi lati i vice Salvini e Di Maio

Conte “locuto”...governo caduto. Dopo che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato e si è dimesso dopo 14 mesi dalla guida del governo gialloverde Lega-5 Stelle, sulle prospettive post crisi si apre lo scontro anche a Verona. Tra chi, Lega e Fratelli d’Italia, vuole tornare subito a elezioni e chi - il Pd - magari ipotizza un governo istituzionale. Il Movimento 5 Stelle? Per il momento è attendista. Verona tra l’altro ha avuto un ministro, Lorenzo Fontana, Lega, agli Affari europei - è anche deputato - e poi due sottosegretari, quello alla Pubblica amministrazione Mattia Fantinati (5 Stelle, pure deputato) e quello alla Salute Luca Coletto, leghista, di nomina esterna. Dopo le bastonate verbali di Conte al leader della Lega Matteo Salvini, senatore, ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, che ha chiesto «voto subito», ora il pallino è nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. CERTO, MA LA CRISI lascia in sospeso tante partite - tra cui l’autonomia del Veneto, finanziamenti a opere pubbliche per il Veronese, circa duecento milioni, e poi la Tav e anche la concessione dell’AutoBrennero - che non fanno dormire sonni tranquilli ai politici, ma anzitutto alle imprese, all’economia, al mondo del lavoro e della scuola. È chiaro quindi che la domanda sul futuro post caduta del Governo interpella da vicino anche la nostra città, che esprime 17 parlamentari, di cui 4 del Pd, due per 5 Stelle, Forza Italia e Fratelli d’Italia, e sette della Lega. La Lega però non recede dal Salvini-pensiero: al voto subito. «Da parte di Conte abbiamo assistito a un discorso giocato per lo più su toni personali. La Lega lo ha detto e lo continuerà a dire: la via maestra è il voto. Nessuno più del popolo italiano può decidere il governo del Paese», dice Lorenzo Fontana, vicesegretario federale e commissario regionale della Lega. «Sono felice che Salvini, nel tratteggiare la nostra idea di futuro, abbia messo al primo posto la questione della natalità e del rilancio demografico, temi che ho sempre indicato come fondamentali, anche per la crescita economica». Anche per Paolo Tosato, senatore della Lega, è inevitabile andare alle urne, a ottobre: «Serve un governo coraggioso e unito per ridare sviluppo e fiducia al Paese», dice, dopo il dibattito in aula. «Serve un governo coraggioso e unito per ridare sviluppo e fiducia al Paese. È necessario abbassare drasticamente le tasse senza sottostare ai diktat europei. Un Governo Renzi-5 Stelle è impensabile. Si torni immediatamente alle urne». SIN QUI LA FORZA dell’ex governo, a questo punto, quella che non la dichiarazioni balneari di Salvini ha provocato la crisi ferragostana. Ma che ne dice il 5 Stelle, 14 mesi fa firmò il contratto di governo con la Lega? «Grazie presidente Conte per l’alto profilo istituzionale e morale del tuo intervento in Senato. Ho apprezzato il bilancio dei mesi di governo e la sintesi di quanto è accaduto, equilibrata e non contestabile da chiunque sia in buona fede. Ho inoltre ammirato il richiamo costante al senso di responsabilità istituzionale e ai rischi di un ricorso destabilizzante alle piazze». Così Francesca Businarolo, del 5 Stelle, presidente della Commissione Giustizia della Camera, la quale aggiunge: «Non capisco come Salvini e gli altri componenti leghisti abbiano potuto ascoltare dai banchi del governo visto che hanno chiesto la sfiducia del governo del cambiamento». PRUDENTE, dunque, il 5 Stelle di Luigi Di Maio, sugli scenari. Di segno decisamente opposto, invece, con tonalità di duro attacco, il Pd, con il senatore Vincenzo D’Arienzo. «Finalmente il Governo dei populisti è morto. Sono bravi in campagna elettorale, ma pessimi al governo. Le etichette che Conte ha affibbiato a Salvini sono la palese testimonianza di cosa rischiamo se quello lì dovesse governare. Ha chiesto pieni poteri, riceverà solo le chiavi del Papete. Noi abbiamo il dovere di capire se ci sono margini per un Governo istituzionale». Per fare che cosa? «Legge di bilancio, correzione di alcuni errori fatti, riforme costituzionali, legge elettorale, questi devono essere i termini del confronto per riportare l’Italia sulla età via che non è quella di Salvini, su una spiaggia tra cubiste. Ci riusciremo? Può darsi, se tutti metteremo da parte arroganza e individualismi». DA FRATELLI D’ITALIA il senatore e assessore comunale Stefano Bertacco ha visto ieri «in aula prove di inciucio. Confido ora nel presidente Mattarella perché conduca la crisi è il più presto possibile porti il Paese alle urne per restituire la parola al popolo. Conte ha processato Salvini in aula anche con eloquio pesante, purtroppo dimentica che a capo del Governo c’era lui e quindi ne era responsabile». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Enrico Giardini

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