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Accusa di violenza, sequestro e tortura

Coppia abusava
della baby sitter:
chiesti trent’anni

Marito e moglie sono accusati di violenza sessuale, sequestro di persona e tortura ai danni di una ragazzina contattata con un’inserzione per baby sitter
Polizia a Poiano teatro della violenza
Polizia a Poiano teatro della violenza
coppia diabolica

Chiesti trent’anni in due, 18 per Mirko Altimari e 12 per Giulia Buccaro, la coppia accusata di violenza sessuale, sequestro di persona, tortura e minacce. Solo lui invece deve rispondere di altre due violenze sessuali e ieri al termine della requisitoria il pubblico ministero Valeria Ardito alla pena per gli abusi dell’11 gennaio 2019 ha aggiunto due anni, in continuazione, per ogni capo di imputazione (in totale 27 anni di reclusione che diminuiti di un terzo per la scelta del rito abbreviato sono diventati 18).

 

Lui, a differenza di quel che fece la moglie nell’udienza del 28 novembre, davanti al giudice Raffaele Ferraro non ha parlato (la Buccaro invece aveva cercato di mitigare le proprie responsabilità addebitando a lui il ruolo di leader e sostenendo di essere stata costretta ad assecondarlo), l’udienza è stata aggiornata al 20 febbraio per le repliche al termine delle quali sarà emessa la sentenza. Dopo il pm hanno concluso gli avvocati Alessandro Avanzi, Federico Lugoboni e Barbara Camerin che assistono le tre ragazze che subirono rapporti e pesanti attenzioni non volute, che vennero obbligate a denudarsi, furono minacciate, picchiate e «trasformate» con la forza in una sorta di oggetti sessuali. Per il piacere di entrambi, di lui che agiva, e imponeva loro di fare sesso orale mentre lei, almeno con l’ultima delle vittime, faceva in modo che fossero «ubbidienti».

 

Fu Giulia Buccaro infatti a contattare la studentessa ventenne che stava cercando un lavoro come baby sitter, fu lei la sera del 10 gennaio ad andarla a prendere e a farla sedere sul sedile posteriore dell’auto dove poi Altimari aveva iniziato a molestarla. E sempre la Buccaro l’aveva presa per i capelli e schiaffeggiata fino a farla sanguinare per poi portarla nel prato dove il marito aveva abusato di lei.

 

Tre accuse di violenza sessuale, brutali nelle modalità e nel tono con cui imponeva il suo volere alle vittime: «Se non stati zitta e non fai quello che ti dico ti rigo la faccia», disse alla baby sitter che obbligò a bere vodka, che venne frustata con un ramo, bruciata con le sigarette e obbligata a un rapporto orale con entrambi che filmarono ogni cosa. Diciotto anni sono tanti e questo è l’episodio più crudo ma la vittima ebbe il coraggio di denunciare nonostante l’avessero minacciata che avrebbero pubblicato su Facebook le foto di lei nuda.

 

Andò in Questura, fornì il cellulare dell’imputata e 4 giorni dopo la coppia venne arrestata dalla polizia. In seguito, controllando i telefonini in uso ai due imputati (tre in totale) emersero centinaia di immagini e video di rapporti sessuali con giovani donne che poi denunciarono di essere state anche loro vittime della prevaricazione di quell’uomo di 31 anni che, stando alle ricostruzioni delle vittime, prova piacere a infliggere sofferenza.

 

Riguardo a una di loro la Buccaro (difesa Stefano Sartori Barana e Marco Cinetto) disse che era l’amante del marito e che lei aveva dovuto accettare quel modo di vivere, anche se non lo condivideva. Un’udienza lunga, la difesa di Altimari, sostenuta dagli avvocati Fabiana Treglia e Marina Rizzi, per oltre due ore ha focalizzato l’attenzione sulla perizia depositata dal tecnico incaricato dalla procura di analizzare il contenuto dei cellulari. Due pen drive che in totale contengono 20mila foto, 350 video, 6.200 messaggi, 1.200 sms e 1.358 stories: un numero impressionate di dati, foto di famiglia e personali ma anche il resto. Stralci di conversazioni e immagini che per la difesa potrebbero in qualche modo ridimensionare il comportamento tenuto da Altimari almeno con una delle vittime e che potrebbero confermare l’affermazione della moglie sul fatto che si conoscessero. Restano quelle abitudini sessuali estreme che rientrano nella sfera personalissima di ognuno, ma nel caso che è al vaglio del gup quel limite è stato oltrepassato, secondo l’accusa, perché alla base di ogni rapporto (e tutte le vittime sono state fotografate e filmate) ci sarebbe un atteggiamento prevaricatore. Che arrivava alla tortura in caso di rifiuto. •

Fabiana Marcolini

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