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Case popolari, 3mila veronesi a rischio

Case Agec in via Tunisi, a Borgo Roma
Case Agec in via Tunisi, a Borgo Roma
Case Agec in via Tunisi, a Borgo Roma
Case Agec in via Tunisi, a Borgo Roma

Bastano i pochi risparmi messi da parte “perché non si sa mai“, o i soldi in busta paga ricevuti come trattamento di fine rapporto dai neopensionati o i proventi di una successione. Tutti elementi che, con l’entrata in vigore dei nuovi requisiti previsti dalla nuova legge regionale sulle case popolari, possono costare ad un inquilino un aumento del canone fino quasi al raddoppio o addirittura una procedura di sfratto. «Si volevano colpire i “furbetti“, ma a pagare, e su questo eravamo stati facili profeti, sono soprattutto anziani o persone socialmente fragili che non riusciranno mai a trovare un’alternativa sul libero mercato agli alloggi che dovranno lasciare» denuncia Orietta Salemi, consigliera regionale del Pd che, insieme alla collega Annamaria Bigon e ai vertici provinciali e cittadini del partito si appella al governatore Zaia affinché si facciano modifiche urgenti alla legge approvata il 3 novembre 2017. A tale riguardo si preannunciano mozioni in Consiglio regionale e nei Comuni per la sospensione della legge e una petizione pubblica. Le nuove norme, tra l’altro, prevedono l’obbligo per gli assegnatari di presentare all’ente gestore, l’Ater o l’Agec, il modello Isee, comprendente i beni mobili, come eventuali risparmi posseduti, o il Tfr riscosso al termine di un periodo lavorativo o altri beni che fossero pervenuti per successione. «Proprio per scongiurare il verificarsi di situazioni di questo tipo avevamo presentato emendamenti per innalzare dagli attuali 20mila ad almeno 23mila euro di reddito Isee la quota di accesso alle case popolari» aggiunge Salemi. Sono 33.789 in tutto il Veneto gli alloggi gestiti dalle varie Ater. Nel Veronese sono 5.103, ai quali ne vanno aggiunti 4.024 di proprietà del Comune di Verona e affidati all’Agec. «Soltanto in città», afferma Elisa la Paglia, prima firmataria della mozione in Consiglio comunale, «le nuove norme potrebbero riguardare duemila inquilini di case Agec e altri 1.600 di case Ater, quindi sono migliaia di famiglie a rischio». E rincara il capogruppo del Pd Federico Benini: «Agli aumenti dei canoni non corrisponde un miglioramento della qualità degli alloggi che spesso restano a livelli molto scarsi». «Subire aumenti sensibili del canone o l’eventualità di essere sradicati da un luogo in cui si vive da decenni», commenta l’assessore alle finanze Francesca Toffali, «sono situazioni destabilizzanti, per questo, già il 1° luglio, ho sollecitato l’Agec a fornirmi i dati su quanto incide la legge regionale sugli inquilini degli alloggi. Sulla base di questi dati faremo le opportune richieste in Regione». L’assessore, tuttavia, mette già in conto situazioni di emergenza abitativa di cui «si faranno carico i servizi sociali». E ribadisce: «Ora è prematuro dire quali saranno le nostre richieste alla Regione: aumentare, ad esempio, il numero degli anni per rientrare nei parametri se c’è, ad esempio, il reddito di un figlio che fra un anno o due si sposa ed esce di casa... Ci sono centinaia di tipologie. Oppure si può chiedere di intervenire sui limiti di reddito». Su questo tema i rappresentanti del Pd annunciano battaglia. «Una legge che avrebbe dovuto dare risposte incisive al problema dell’emergenza abitativa», esclamano il segretario provinciale Maurizio Facincani e il segretario cittadino Luigi Ugoli, «sta causando effetti devastanti alle famiglie veronesi e venete che da giugno si vedono recapitare lettere di ricalcolo del canone e, per migliaia, la comunicazione di avvio della procedura di sfratto dal loro alloggio magari perché risultano disporre di un piccolo tesoretto in banca, frutto di decenni di risparmi». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Enrico Santi

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