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Cade in uno scavo edile «Ho rischiato di morire»

L’ingresso di Borgo Trento dove era stato eseguito il trapianto
L’ingresso di Borgo Trento dove era stato eseguito il trapianto
L’ingresso di Borgo Trento dove era stato eseguito il trapianto
L’ingresso di Borgo Trento dove era stato eseguito il trapianto

A marzo, in piena emergenza coronavirus, era stato ricoverato all’ospedale di Borgo Trento per un intervento particolare: donare un rene al nipote trentacinquenne che rischiava la vita. E l’altro ieri il generoso Sergio Lotti, 60 anni, ha rischiato di morire cadendo in uno scavo non segnalato. Ha perso i sensi ed è stato svegliato dal suo cane, Pulce. Lotti è originario di Borghi (Rimini), ma da anni risiede con la moglie valtellinese ad Ardenno (Sondrio). Durante una passeggiata serale, vicino casa, con il suo cane è finito in un buco di un cantiere edile aperto nei pressi del palazzetto dello sport. «Era buio e non c’erano cartelli», racconta Lotti, ricoverato all’ospedale di Sondrio con una prognosi iniziale di 30 giorni. «Stavo raggiungendo una fontana per riempire alcune bottiglie, quando all’ improvviso sono caduto nello scavo. Sono rimasto a terra svenuto per oltre mezzora. A salvarmi sono state le leccate al volto del mio cane Pulce. Mi ha fatto rinvenire e ho dato l’allarme ai soccorsi con il cellulare». Dopo l’intervento dei carabinieri di Ardenno che hanno provveduto a segnalare l’accaduto alla Procura di Sondrio, Lotti sta valutando con l’avvocato Giuseppe Romualdi di presentare denuncia penale. «Ho rischiato di morire», continua, «oggi ho forti dolori alla ferita dove è avvenuta l’estrazione del rene destro che ho donato; ho una seria emicrania, dolori lombari, faccio fatica a salire le scale e ho fastidio forte alla luce solare. I medici mi hanno detto che ho avuto un’ischemia transitoria, probabilmente dovuta alla caduta. Un fatto del genere non deve accadere mai più ad altri e i cartelli vanno posizionati e l’ente comunale committente dei lavori avrebbe dovuto vigilare». Lotti, guardia giurata in pensione, è stato operato a Verona ai primi di marzo, nonostante la pandemia in corso. L’intervento era, infatti, urgente: il nipote Marco, 35 anni, imprenditore titolare col padre in una ditta di Rimini dove risiede, attendeva con grande speranza la donazione del rene. I due sono stati operati dall’equipe del professor Luigino Boschiero. «Mio nipote non poteva più aspettare», aveva raccontato al nostro giornale. «La sua vita era in pericolo». Una volta dimesso gli sono stati raccomandati controlli ravvicinati e limitazioni nella pratica di attività sportive. •

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