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Il caso della veronese a Belluno

Alpina suicida in caserma a Belluno
«Troppi lati oscuri, no alla cremazione»

Il caso della veronese a Belluno
Penne nere nel piazzale della caserma "Tommaso Salsa". ARCHIVIO
Penne nere nel piazzale della caserma "Tommaso Salsa". ARCHIVIO
Penne nere nel piazzale della caserma "Tommaso Salsa". ARCHIVIO
Penne nere nel piazzale della caserma "Tommaso Salsa". ARCHIVIO

Ci sono «troppi lati oscuri» nel caso dell’alpina trentenne - originaria di Verona - trovata morta domenica scorsa nella caserma «Salsa» di Belluno: si è parlato di suicidio «e c’è da spiegare come mai la donna si trovasse in caserma dopo che a luglio era stata dichiarata temporaneamente non idonea al servizio».

 

Occorre dunque «bloccare la cremazione del corpo ed indagare a fondo». Lo chiede Domenico Leggiero dell’Osservatorio Militare, nel corso di una conferenza stampa alla presenza anche di Rachele Magro, psicologa dell’Associazione "L’altra metà della divisa". «Qualcuno - spiega Leggiero - ha detto che si è suicidata, si è parlato anche di un biglietto che la soldatessa avrebbe scritto, ma l’unica certezza è che lei non poteva essere dov’era perché la Commissione medico-ospedaliera di Padova l’aveva dichiarata due mesi fa temporaneamente non idonea per depressione e aveva proposto che venisse sottoposta ad un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso).  La donna l’aveva evitato optando per il ricovero di una settimana in ospedale per gli accertamenti. Qualcuno deve spiegare perché, con questo quadro clinico, la militare si trovava in caserma domenica scorsa».

 

L’esponente dell’Osservatorio militare punta poi il dito sul fenomeno dei «suicidi tra le forze armate: sono già 45 dall’inizio dell’anno, calcolando solo quelli emersi sulla stampa. Le alte gerarchie militari dovrebbero porsi il problema».

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