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Addio Zeffirelli, l’abbraccio di Verona

Franco Zeffirelli in Arena con la costumista Emi Wada alla prima della Turandot nella stagione lirica 2010Franco Zeffirelli all’interno dell’Arena di Verona
Franco Zeffirelli in Arena con la costumista Emi Wada alla prima della Turandot nella stagione lirica 2010Franco Zeffirelli all’interno dell’Arena di Verona
Franco Zeffirelli in Arena con la costumista Emi Wada alla prima della Turandot nella stagione lirica 2010Franco Zeffirelli all’interno dell’Arena di Verona
Franco Zeffirelli in Arena con la costumista Emi Wada alla prima della Turandot nella stagione lirica 2010Franco Zeffirelli all’interno dell’Arena di Verona

È morto nella sua splendida casa romana, sull'Appia Antica, dove amava passare le giornate, anche in questo suo ultimo tempo, quello della malattia, nel giardino fitto di fiori e di piante. Franco Zeffirelli, sceneggiatore, attore, regista, aveva 96 anni. La camera ardente si terrà domani a Firenze, nel salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, come ha spiegato il sindaco Dario Nardella annunciando che l'ultimo addio al regista sarà dato nella sua città e non più in Campidoglio a Roma come era stato deciso in un primo momento dai figli Pippo e Luciano. Sarà seppellito nel cimitero delle Porte Sante di Firenze. Lo piange il mondo e lo piange Verona, visto che con la nostra città il regista ha avuto da sempre un legame speciale, a partire dalle tante produzioni operistiche di successo pensate per l’Arena, di cui ha firmato la regia. E l’ultima sarà questa «Traviata» che debutta il 21 giugno, tra meno di una settimana. Ultimo atto di un artista che ha attraversato più di sessant'anni di storia dello spettacolo in Italia spaziando tra cinema, teatro e opera lirica esordendo come attore, proseguendo come costumista e scenografo e diventando un cineasta amato forse più all'estero che in Italia. Nominato Sir (unico in Italia) dalla regina Elisabetta per il suo lavoro di adattamento per lo schermo delle opere di William Shakespeare, candidato due volte agli Oscar - come regista per «Romeo e Giulietta» e come scenografo per «La Traviata» - ha vinto cinque David di Donatello. Un grande talento visivo che ha realizzato film in cui l'ambientazione e i costumi sono stati protagonisti. Le opere liriche con la sua regia sono state rappresentate in tutto il mondo, dall'Oman agli Stati Uniti, soltanto il Metropolitan di New York ha messo in scena 800 suoi spettacoli. Cob la sua città, Firenze, ha sempre avuto un rapporto di amore e odio, negli anni dell'alluvione coinvolse Richard Burton per un documentario che raccolse venti milioni di dollari per la città distrutta, poi per anni però ha rifiutato il Fiorino (in polemica con la mancata attribuzione a Oriana Fallaci) finché a tradimento gli è stato consegnato nel 2013 dall'allora sindaco Renzi. Amava pensarsi come il rigoglioso frutto di una bottega che ebbe in Luchino Visconti il primo maestro. Era appena diplomato all’Accademia di Belle Arti quando il principe milanese lo volle per allestire le scene teatrali di «Troilo e Cressida» (1949) per poi chiamarlo, come assistente, sul set di «La terra trema». Cominciava così un sodalizio vitale, burrascoso e fecondo che coinvolse gli affetti di Zeffirelli, la sua formazione estetica, la sua carriera. Senza Visconti, probabilmente il giovane orfano (il padre lo aveva riconosciuto solo quando aveva 19 anni, la madre morì quando era bambino) non avrebbe calcato i palcoscenici più famosi, non sarebbe diventato amico e confidente di stelle come Anna Magnani, Maria Callas o Richard Burton, non avrebbe potuto debuttare dietro la cinepresa già nel ’57 (con «Camping») dopo un tirocinio che lo aveva affiancato a Francesco Rosi sul set di «Senso» (1954). Eppure quella cavalcata folgorante e fortunata fu anche il segno critico che per molti anni non avrebbe abbandonato l’immagine di Zeffirelli, fino a diventare un vanto e una maledizione: lo hanno descritto come un calligrafo, un esteta, uno scenografo vestito da regista. Zeffirelli era una star, eppure un pregiudizio negativo lo avrebbe accompagnato sempre per il suo gusto anticonformista di smarcarsi costantemente dalle correnti del pensiero dominante. Polemico, feroce nei giudizi, scoperto nelle fragilità personali, orgogliosamente fazioso, dalla politica allo sport, si ritenne a lungo uno straniero in Italia. Giovane bellissimo, poi dandy raffinato ed elegante, infine gentiluomo solitario, Zeffirelli resta l’isolato cantore di una civiltà ormai scomparsa. •

A.G.

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