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Dopo l'autopsia

Natasha, «nessun
indizio che si tratti
di omicidio»

Dopo l'autopsia
Natasha Chokobok con la sua bambina di sei anni
Natasha Chokobok con la sua bambina di sei anni
Natasha Chokobok con la sua bambina di sei anni
Natasha Chokobok con la sua bambina di sei anni

«Al momento non emergono indici di omicidio volontario».

A rivelare che la morte di Natasha Chokobok - la 29enne ucraina di Porto di Legnago scomparsa la sera del 9 aprile e ritrovata senza vita venerdì scorso vicino alla riva sinistra dell’Adige - non sarebbe imputabile ad un delitto, è stato ieri, intervistata dal Tgr veneto di Rai tre, il Procuratore della Repubblica di Verona Angela Barbaglio.

Tutto ciò sulla scorta dei primi elementi emersi dall’esame autoptico eseguito ieri pomeriggio all’Istituto di Medicina legale di Verona. Tuttavia, il capo della Procura scaligera, per esprimersi in modo definitivo su questa triste vicenda, attende gli esiti finali dell’autopsia, affidata dal magistrato di turno, il dottor Stefano Aresu, al medico legale Elisa Vermiglio.

I risultati dovranno essere depositati entro un termine massimo di 60 giorni. Da una prima analisi, a conferma di ciò che il personale medico aveva rilevato poco dopo il ritrovamento del cadavere, non emergono dunque segni di violenza sul corpo della giovane mamma. Nonostante tutto faccia pensare ad un gesto estremo o ad una disgrazia, le indagini proseguono a 360 gradi.

Soprattutto tenendo conto che sul tavolo degli inquirenti rimangono sia i rapporti familiari non facili sia le percosse subite da Natasha. La quale, per due volte, era anche finita in ospedale, tanto da sporgere altrettante denunce – ritirate successivamente - contro il compagno Alin Rus: il 35enne saldatore rumeno suo convivente da sette anni e padre della loro bambina. Un uomo contro il quale hanno puntato il dito fin dall’inizio, e continuano a farlo anche in questi giorni segnati dal lutto e dalle lacrime, la madre ed altri parenti della donna.

«Di sicuro sono circostanze che vanno analizzate», precisava ieri il Procuratore Barbaglio. «Il che», ha aggiunto, «potrebbe eventualmente concretizzare indici del reato di maltrattamenti che allo stato attuale non risulta però nemmeno rubricato. Sappiamo che, oltre un anno fa, la parte offesa aveva sporto querela, poi rimessa. Ma occorre tener conto che un rapporto familiare poco sereno non comporta necessariamente la sussistenza di un reato». 

E.P.

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