Il 13 aprile 2016 il galà per i cinquant’anni del Vinitaly, la cena in un ristorante «costruito» all’interno dell’Arena e i commenti negativi e generici, che «La Cronaca di Verona e del Veneto» riportò il giorno seguente.
A fine mese lo chef stellato Carlo Cracco sarà parte civile, il giornalista Achille Ottaviani imputato di diffamazione e davanti al gup Livia Magri si tornerà a parlare dei commenti negativi alla cena, agli ingredienti e al menù che l’articolista sostenne fossero quelli dei commensali. E la cucina dello chef non ne usciva benissimo. Anzi.
E da Dagospia a Repubblica, da La Stampa a Libero la notizia rimbalzò. Invero quei commenti erano troppo generici, offensivi e «sostanzialmente impersonali, non controllabili, assimilabili alla vox populi», motivò il gip Giuliana Franciosi ordinando l’imputazione coatta, perchè ritenne che «il richiamo a fonti generiche» non rispettasse «il primo dei limiti al quale è condizionata l’operativa della scriminante del diritto di cronaca e di critica». Ovvero la veridicità della notizia.
Ma non è finita: il 17 novembre 2017 Ottaviani inneggiò alla magistratura per la richiesta di archiviazione e diresse la penna al curaro contro lo chef: «Cracco e la stella cadente» il titolo (riferito alla valutazione Michelin) e poi considerazioni offensive. E lo chef lo ha querelato.