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Forse un inspiegabile gesto estremo

Ucciso da colpo
di pistola in auto
E' un mistero

L’area di sosta della Transpolesana dove è stato rinvenuto senza vita il 35enne polesano
L’area di sosta della Transpolesana dove è stato rinvenuto senza vita il 35enne polesano
L’area di sosta della Transpolesana dove è stato rinvenuto senza vita il 35enne polesano
L’area di sosta della Transpolesana dove è stato rinvenuto senza vita il 35enne polesano

Un colpo di pistola, un finestrino in frantumi e il corpo di un uomo accasciato senza vita sul volante di un’utilitaria in una pozza di sangue. È la drammatica scena che si è presentata, nel tardo pomeriggio di giovedì, ad alcuni automobilisti in transito sulla Transpolesana, all’altezza di Vangadizza di Legnago.

 

E, in pochi istanti, lungo il tratto della trafficata statale «434» che taglia in due la Bassa, si è scatenato il panico. Tutto lasciava infatti presagire che si trattasse di un omicidio in piena regola, messo a segno in un’area di sosta meta di incontri equivoci, che da tempo è finita sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine impegnate a tutelare il decoro persino in pieno giorno.

 

Tuttavia, la morte di un 35enne della provincia di Rovigo, rinvenuto esanime a bordo di una Fiat Punto di colore nero, con un foro alla testa causato da un’arma da fuoco, non sarebbe imputabile ad un delitto. E non avrebbe nulla a che fare con gli approcci a luci rosse che richiamano persone anche dalle province limitrofe. Ne sono convinti, in base ai rilievi tecnici e agli altri elementi raccolti all’interno dell’auto, i carabinieri della Compagnia di Legnago intervenuti immediatamente sul posto, con il personale del 118, dopo la segnalazione arrivata intorno alle 18 alla centrale operativa del 112.

 

Tutto lascia propendere che si tratti piuttosto di un gesto estremo, frutto di una disperazione e di una fragilità psicologica sempre più diffuse ed accentuatesi durante il lockdown imposto dal Covid 19. La certezza si avrà comunque solo dall’autopsia che sarà eseguita nei prossimi giorni sul cadavere del giovane trasferito nelle celle mortuarie dell’ospedale di Legnago su disposizione del magistrato di turno, il dottor Carlo Boranga della Procura di Verona.

 

Un atto dovuto, tanto più in caso di morte violenta, per sgomberare il campo anche dal minimo dubbio su una vicenda circondata ancora da molti punti interrogativi. In attesa che l’esame autoptico confermi che si tratta effettivamente di suicidio, quelle che l’altro pomeriggio hanno visto al lavoro nella piazzola della superstrada i militari del Nucleo operativo e Radiomobile sono state ore concitate.

 

Con il parcheggio, situato in direzione di Verona prima dell’uscita di San Pietro, transennato. E con rallentamenti fino a tarda sera da parte dei conducenti incuriositi dal massiccio schieramento di carabinieri, in divisa e in borghese, coordinati dal maggiore Vincenza Chiacchierini e dal luogotenente del Norm Mauro Tenani. Tutti concentrati sull’utilitaria che, inizialmente, sembrava diventata la scena di un crimine efferato. I tasselli di quanto era successo sono stati via via ricomposti grazie al rinvenimento di un’arma sotto il corpo del 35enne, che abitava a Badia Polesine.

 

Una pistola che, stando allo scontrino ritrovato sul sedile, il giovane aveva acquistato solo poche ore prima in un’armeria di Rovigo esibendo un regolare porto d’armi per uso sportivo. Ad escludere l’omicidio per rapina ci sarebbe poi il ritrovamento nella Punto del portafoglio con diversi soldi e di altri effetti personali. Elementi che avvalorano l’ipotesi del suicidio sebbene nell’abitacolo non sia stato trovato alcun biglietto d’addio come avviene di solito in queste circostanze.

 

Cosa abbia fatto degenerare un malessere interiore nel dramma resta dunque un mistero. Sembra infatti che il 35enne, dipinto in paese come una brava persona, non soffrisse di depressione e non fosse angosciato da delusioni sentimentali, difficoltà economiche e da problemi familiari. •

Stefano Nicoli

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