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La storia

Patrizia: «Ecco come dal coma
profondo sono tornata alla vita»

La storia
Patrizia Lovato, dal coma alla rinascita
Patrizia Lovato, dal coma alla rinascita
Patrizia Lovato, dal coma alla rinascita
Patrizia Lovato, dal coma alla rinascita

Dal coma profondo al ritorno alla vita, passando per il tunnel della disperazione e per la fatica di una lunga riabilitazione. La storia di Patrizia Lovato, 65 anni, titolare assieme al marito e ai figli della pasticceria e fabbrica di mandorlato Bertolini di Cologna, non solo non può lasciare indifferenti, ma invita a riflettere sulle potenzialità della scienza medica, sulla forza dei legami parentali e sull’ignoto o, se si preferisce, sul trascendentale. Patrizia è stata operata a un’anca, distrutta da un tumore osseo, il 14 giugno del 2017, all’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna. L’intervento, l’undicesimo subito dalla donna che è paziente oncologica dal 2003, è stato lungo e complesso. Comprendeva anche il rafforzamento del femore. Il cuore di Patrizia, indebolito da lunghe terapie e dalla malattia, è andato in arresto, lasciando il cervello della sessantacinquenne senza ossigeno per alcuni minuti. Lovato è uscita dalla sala operatoria in coma e i medici hanno lasciato ben poche speranze ai famigliari.

 

«Ci dicevano che anche se si fosse svegliata i danni subiti erano talmente gravi da non consentirle di tornare a camminare e a ragionare come prima», ha spiegato il marito Fausto Bertolini, durante una serata organizzata dall’Avis nel teatro Comunale di Cologna per diffondere un messaggio di fiducia e speranza nelle persone che si trovano a dover lottare contro gravi infermità. Quando il mondo gli stava crollando addosso e le parole dei medici sembravano preludere all’ineluttabile, Bertolini ha avuto il merito di non arrendersi. «Alloggiavo in un albergo poco distante dall’ospedale», ha raccontato. «Per recarmi a trovare mia moglie passavo tutte le mattine davanti a una chiesetta; entravo, pregavo e parlavo con la Madonna e poi mi incamminavo verso l’Istituto. Una mattina sono uscito da quella chiesa sollevato, più sereno, come se la madre di Gesù mi avesse fatto sapere che le cose sarebbero migliorate».

 

Da quel momento Fausto, con l’aiuto della dirigente del reparto di Rianimazione Renata Bacchin, ha preso in mano la situazione con rinnovato vigore. «Ho capito che non potevo limitarmi a stare accanto al letto di Patrizia, dovevo darle la forza di reagire». Lovato si è svegliata con capacità cognitive, motorie e relazionali ridottissime. Non era neppure il lontano ricordo della donna intraprendente, madre di quattro figli, energica e generosa che tutti conoscevano. Ma dentro di lei la fiamma della vita non era spenta. Fausto, assieme ai medici, ai fisioterapisti e ai figli Gabriella, Elisabetta, Francesco e Linda, ha alimentato quella debole fiammella fino a farla divampare come un incendio. E ha avuto un’idea geniale. «Ha iniziato a filmare con il suo cellulare i piccolissimi progressi di sua moglie, forse perché pensava che sarebbero rimasti gli ultimi ricordi di lei viva», ha osservato monsignor Bruno Fasani, che ha ricoperto il ruolo di presentatore della serata in teatro.

 

I video che mostrano la costanza, a volte perfino la severità, con cui Fausto obbligava Patrizia a muovere le dita delle mani, a raddrizzare la schiena, a cercare l’equilibrio, a camminare, perfino ad eseguire compiti sui libri di prima elementare sono diventati un documento eccezionale della sua lenta guarigione. Patrizia ha proseguito la sua riabilitazione a Marzana, seguita dal direttore dell’Unità operativa di Medicina fisica e Riabilitazione Gaspare Crimi. In soli tre mesi è riuscita a rimettersi in piedi e a settembre è stata dimessa. «Il momento di gioia più grande per me è stato proprio il ritorno a casa. Ho ricominciato a essere me stessa», ha ricordato la donna. Il marito l’ha poi portata «in viaggio di nozze» nel Salento, dove ha proseguito con una «riabilitazione fai da te» all’aria aperta, fatta di gradini da salire, addominali da rinforzare, passeggiate e nuotate. Per spronarla a raggiungere in bicicletta l’eremo della Madonna di Ugento, nel Leccese, l’artigiano colognese si è inventato perfino una telecronaca in stile Giro d’Italia che a vederla fa venire le lacrime agli occhi.

 

Lei, Patrizia, è di poche parole, è quasi imbarazzata dall’esplosione di affetto dimostrata da tante persone che le riconoscono una forza di volontà e una tenacia fuori dal comune. Con tanta fatica e allenamenti quotidiani è tornata a guidare, a stendere il mandorlato negli stampi, a servire i pasticcini nel suo bar. «Ma non sono ancora pienamente soddisfatta delle mie condizioni», confida. Però intanto torna a sorridere, ringrazia gli amici, i suoi dipendenti e i clienti della pasticceria, spera che la sua vicenda serva ad infondere fiducia. È stato un miracolo? Non si pronuncia, è un tema delicato, personalissimo. Però una cosa è certa. Lei stessa è un miracolo, la sua ripresa è frutto di un amore immenso, quello del marito Fausto, caparbio e combattente fin quasi allo sfinimento. A lui è dedicato un affettuoso biglietto scritto a Natale dai quattro figli: «Grazie papà, per averci ridato la mamma». •

Paola Bosaro

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