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Arrestato, licenziato e ora prosciolto

Il sorriso di Franco Marcazzan nonostante la disavventura vissuta
Il sorriso di Franco Marcazzan nonostante la disavventura vissuta
Il sorriso di Franco Marcazzan nonostante la disavventura vissuta
Il sorriso di Franco Marcazzan nonostante la disavventura vissuta

Ti accusano, perquisiscono prima il tuo ufficio e poi casa, ti arrestano e ti licenziano che poi sei stato sollevato da tutte le accuse, però, lo scopri per caso. È andata così a Franco Marcazzan, funzionario di Trenitalia di San Giovanni Ilarione che nell’ottobre del 2012 finì nella maxi inchiesta sugli appalti truccati di Trenitalia con l’accusa di turbativa d’asta e rivelazione di segreto d’ufficio. Che la sua posizione è stata archiviata ad aprile dell’anno scorso, perchè estraneo alla vicenda, lo ha scoperto attorno a Capodanno 2018: «È stato solo perché mio figlio è un militare e alla fine di ogni anno riceveva un report sull’indagine che mi riguardava. Così abbiamo scoperto che da mesi ero stato sollevato da ogni accusa», racconta Marcazzan. Ora è pronto a cominciare la sua battaglia, quella contro lo Stato: «Sono uno dei 25 mila italiani che ogni anno sono vittime di un errore giudiziario: la causa contro lo Stato per avere un risarcimento è già partita, anche per la mia ingiusta detenzione». C’è la sua innocenza al centro della questione, «ma questa devo dire che in paese non l’ha mai messa in discussione nessuno, mi sono stati tutti vicini perché mi conoscono. Il mio impegno nel sociale, da sempre, parlava per me. Certo, sono girate anche alcune leggende metropolitane», racconta Marcazzan, «compresa quella per cui qualcuno mi avrebbe visto essere portato via in manette, ma io ho sempre avuto fiducia, mi sono sempre detto che una brutta malattia sarebbe stato peggio». Tutto inizia nell’ottobre 2012 quando Marcazzan viene arrestato: vengono disposti per lui gli arresti domiciliari. «I miei legali mi consigliarono il silenzio ed feci mesi ai domiciliari. Non ce la facevo più», racconta Marcazzan, «ho scelto l’avvocato d’ufficio (la fiorentina Chiara Bentivegna) che ha presentato istanza di interrogatorio e di scarcerazione. Solo dopo essermici sottoposto ho scoperto di essere stato ai domiciliari, per mesi, inutilmente». Marcazzan racconta come sono andate le cose, presenta memorie, documenti, mail: tutto sembra fermo, anche la sua vita. «A 55 anni mi ritrovo senza lavoro perché Trenitaia, dopo 38 anni, mi ha buttato via come un numero: in quattro e quattr’otto mi sono ritrovato in strada». Trenitalia gli riconosce tutte le provvidenze economiche, compresi 24 mesi di ammortizzatori sociali ma lui non perde un giorno e inizia a cercare lavoro: «Non ho mai fatto segreto della ragione per cui, a quell’età, mi ero ritrovato a piedi, ho sempre spiegato di essere ingiustamente finito in una grossa inchiesta nazionale sugli appalti di Trenitalia. Per un anno ho aperto una partita Iva, poi sono stato assunto da una ditta che otto mesi dopo ha chiuso: ero ancora a piedi», racconta, «e senza ammortizzatori, ma è stato il mio paese a salvarmi, cioè gli amici della Elettrotre che mi hanno assunto». Mesi chiuso in casa, anche a Natale, senza ricevere visite e con il dispiacere esteso anche alla sua famiglia: «È stato duro ma devo dire tanti grazie, in primis ai miei colleghi di lavoro che non mi hanno lasciato solo un attimo e che hanno fatto tutto quello che potevano per aiutarmi. E poi don Elio Nizzero, il nostro amatissimo parroco che non c’è più: lo sapeva che rischiava a venirmi a trovare, lo ha sempre fatto a dispetto delle misure restrittive e gli devo moltissimo ». È sollevato, pronto a godersi serenamente la pensione dietro l’angolo, fiero di aver dimostrato la propria innocenza, felice di tornare sul giornale. La bilancia, però, ha due piatti: «Sull’altro», dice, «c’è stata l’azienda e il sindacato: mi hanno condannato prima del processo». •

Paola Dalli Cani

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