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IL PERSONAGGIO.

La guerra,
l’amore e
l’arte del gelato

Il suo gelato profuma non solo di pistacchio di Bronte, nocciole piemontesi Igp, latte altotesino e frutta rigorosamente biologica. Ma anche di sacrifici, di una ricerca maniacale della materia prima, del riscatto di un ragazzino fuggito dagli orrori della guerra, che negli Novanta flagellò la Bosnia Erzegovina, e diventato nel 2016 il miglior gelatiere veneto. Complice quello che è ormai il cavallo di battaglia de «L’Arte del gelato», il locale dei suoi sogni, aperto nel 2011, in via XX Settembre, a Legnago, con l’inseparabile compagna Marta Ganzarolli: il gusto «Gianduia croccante» a base di nocciole delle Langhe, variegato di gianduia artigianale e granella di nocciola tostata. È passato insomma dalle polveri dei bombardamenti della sua Tuzla, da cui fuggì a 17 anni staccandosi dai genitori e dalla sorella, alle stelle di un successo consacrato nel 2013 dall’inserimento nella guida dei «Bar d’Italia» del Gambero Rosso. Quella di Jurica Pavic, da tutti conosciuto come Juri, sembra proprio una favola moderna, la conferma che nella vita la ruota gira e non bisogna arrendersi mai. «Ma neppure sedersi sugli allori», osserva l’artigiano di etnia croata che arriva il mattino presto nel laboratorio creato a vista accanto alla piccola torrefazione, dove tosta specialty coffee, un’arabica al 100 per cento, per staccare la sera tardi. Sempre fedele a quell’avversione ai semilavorati e agli emulsionanti che è diventata la sua cifra stilistica, quasi una filosofia di vita. «I gusti industriali, sebbene me li chiedano e siano una comoda lusinga», osserva, «non fanno per me. Sono e resterò un gelatiere artigianale, fedele alla tradizione, che usa frutta preferibilmente a km zero e prodotti eccellenti della nostra bella Italia». Una disciplina che Juri, oggi 47enne, ha appreso sui campi da calcio. «Nel 1991», ricorda Pavic, «un procuratore amico di famiglia mi procurò un ingaggio come attaccante, a Capodistria, nelle file del Jadran Decani. Quella fu la mia salvezza, anche perchè non intendevo affatto arruolarmi, era contro i miei ideali». Terminata l’esperienza nella serie A slovena, il futuro pasticcere si trasferì a 19 anni in Germania per proseguire una promettente carriera sportiva in una squadra di Ulm, tra Stoccarda e Monaco di Baviera. Ma il destino volle che un grave infortunio alla gamba lo costrinse ad abbandonare per sempre il mondo del pallone. Iniziò così la sua seconda vita, scandita da coni, coppette, granite siciliane e semifreddi. A 20 anni si trasferì a Sirmione dove erano venuti nel frattempo ad abitare i suoi genitori. «Dovetti reinventarmi», confida Juri, «e mi cercai un lavoro che trovai da Vivaldi, una delle più rinomate gelaterie di Desenzano dove ho appreso i segreti del mestiere da Carlo Mariotto, il mio maestro scomparso di recente». Anni di alzatacce, di rinunce, ma anche di un amore folgorante per quella che considera un’arte. «Capii di aver trovato la mia strada», confida Pavic, «e nel 2003, quando un rappresentante mi segnalò che a Legnago era in vendita la gelateria Luciana, in via Matteotti, decisi di acquistarla». Quella fu la grande svolta che gli fece conoscere anche Marta, la ragazza che allora lavorava d’estate per pagarsi l’università e che otto anni più tardi avrebbe condiviso con lui casa e bottega. «Gli inizi non furono facili ma a poco a poco conquistai la fiducia di tanti clienti, che nel 2011 mi convinsero ad ampliare l’attività sull’altro lato della strada dove aprii il mio primo bar gelateria». Il successo fu immediato. Tanto che nel 2014 inaugurò una filiale de «L’arte del gelato», in via Leoni, a Verona. Ma il ragazzino scampato alle bombe, diventato un raffinato intellettuale, ancora una volta ha deciso di mettersi alla prova con un’altra impresa costata otto mesi di cantieri e un investimento importante. L’anno scorso ha rivoluzionato la sua creatura dando vita ad un locale green, profondamente innovativo e all’insegna dell’ecosostenibilità, dove tutto è compostabile. Uno stravolgimento che non ha scalfito però i suoi gelati. Ed il sogno dell’ex calciatore, sopravvissuto ad un raid aereo e che si sente ormai italiano al cento per cento, prosegue tra i suoi pozzetti d’acciaio pieni di specialità che profumano d’antico. Sempre a fianco della sua adorata Marta. •

Stefano Nicoli

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