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PALLONE D'ORO

Testi: "Standard elevati
di sicurezza per ripartire"

Lettura, interpretazione, traduzione. L'amore per la panchina è una versione che racconta 37 anni di storia: Maurizio Testi, collaboratore tecnico di Luigi Fresco alla Virtus Vecomp, in Serie C, rovista tra i suoi annales. Archivio ricchissimo: più lo leggi, più t'accorgi di dover rileggere. Le vicende di ieri fanno luce sul presente: insegnano a trovar la giusta prospettiva per capire eventi ed evoluzioni. Del pallone come dell'esistenza, oggi finita sospesa in una grande punto interrogativo. «Il calcio ripartirà quando sarà possibile garantire uno standard di sicurezza affidabile. Occorre rivedere alcuni aspetti per non creare problemi ulteriori. Le società hanno bisogno di aiuto».

 

A cosa si riferisce quando parla di aspetti da rivedere? Il discorso sarebbe ampio. Ma faccio una riflessione non polemica: pensiamo alla norma che prevede un contributo alle società di Serie C per l'impiego dei giovani. In linea di principio nulla da dire. Ma in un momento come questo potrebbe richiedere una revisione: si rischia che in molti mandino in campo i ragazzini per far quadrare i conti, con buona pace della credibilità dei campionati. Non dovrebbe essere l'unico aiuto, c'è tempo per trovare soluzioni.

 

Virtus ferma ai box. Che campionato è stato? Buono per larghi tratti, ora stavamo uscendo dal momento difficile in cui eravamo incappati. La solidità difensiva prometteva bene, ora aspettiamo di capire quali saranno le decisioni della federazione che ci riguarderanno.

 

Lei ha scalato tutte le categorie, dalla Terza alla Serie C, come allenatore e collaboratore tecnico. Cosa non è cambiato in 37 anni? Direi che è cambiato molto: si gioca un calcio diverso, più veloce, sono cambiati i rapporti umani, le tipologie di giocatori. Quel che non cambia è ciò che fa la differenza: la coerenza tra parole e fatti nel rapporto tra società e allenatore, la sincerità in quello tra allenatore e giocatore.

 

Quanto e come incide la mano di un allenatore? Incide nella misura in cui fa rendere un gruppo secondo le potenzialità che intravede. E qui mi riferisco alle tante discussioni sulle mode e sugli stili di gioco: conoscerli è solo un passaggio. Trasmettere le conoscenze che servono ai ragazzi è quello che conta davvero.

 

Lei ha allenato, vinto e convinto in molte piazze storiche del calcio veronese. Dove sente di aver inciso di più? Mi viene in mente l'esperienza di Caldiero, ma potrei dirne delle altre. Come giocatori la lista è lunga: Pellizzon, Cucchetto, Moretto, Zerman, Violaro, Ionita, Lovato, Tenzon, il Meggiorini di Bovolone.

 

Il rimpianto? Ci sono anche quelli. Direi l'esonero in Eccellenza a Caldiero: per il percorso che avevamo fatto, mi sarebbe piaciuto lottare coi miei ragazzi fino alla fine. Poco tempo dopo, l'ex presidente Targon mi disse che, col senno di poi, la scelta giusta sarebbe stata lasciarmi finire la stagione. A prescindere da quello che sarebbe successo in termini di risultato

 

C'è un nuovo Meggiorini nella lista dei candidati al Pallone d'oro? Qualche profilo di prospettiva c'è. Direi Righetti e Lonardi dell'Ambrosiana per quanto riguarda i candidati al pallone d'oro. Ma citerei altri due giocatori: Nicolò Fittà, ex Virtus e Villafranca, ora al Carpaneto in D, mentre ricandido ancora Filippo Guccione del Mantova. Forse è tardi per lui, ma è un talento cristallino.

 

Qual è il giocatore che più ha risposto alla sua idea di talento? Ne scelgo uno degli esordi in panchina: Alessandro Giusto del San Peretto. Tecnica e velocità d'altra categoria.

Riccardo Perandini

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