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mezzane di sotto

Dona un rene alla cugina: «Ora siamo diventate sorelle»

Una decisione senza esitazioni: «Potevo farcela con un solo organo. Perché non avrei dovuto scegliere questa strada?»
Grazia Burro, che ha ricevuto un rene dalla cugina Giovanna Erbice FOTO PECORA
Grazia Burro, che ha ricevuto un rene dalla cugina Giovanna Erbice FOTO PECORA
Grazia Burro, che ha ricevuto un rene dalla cugina Giovanna Erbice FOTO PECORA
Grazia Burro, che ha ricevuto un rene dalla cugina Giovanna Erbice FOTO PECORA

Cugine, madri, sorelle: Maria Grazia Burro e Giovanna Erbice, 62 anni la prima e di un anno più giovane la seconda, sono nate e cresciute entrambe a Mezzane di Sotto. Cugine di secondo grado fino al 30 maggio, dal giorno hanno in comune qualcosa che vale un compleanno: Maria Grazia deve celebrare la seconda nascita dopo aver ricevuto dalla cugina il rene destro e Giovanna questa sorta di seconda «maternità» che le legherà per sempre, più che come sorelle.

Patologia

Maria Grazia, come accadde alla madre Dina e al fratello Briccio, è affetta da rene policistico: «Mi ha sempre fatto paura la dialisi. Mia madre ci arrivò a 50 anni ma io non volevo sentirne parlare e l’unica che lo sapeva era Giovanna. Un anno fa», racconta la donna, «al progressivo aumentare del valore della creatinina mi viene concessa l’emodialisi domiciliare. Il 9 maggio arriva la macchina e mia figlia Alice inizia l’addestramento. A luglio, sentendo al telefono Giovanna, gliene parlo».

Giovanna chiude la telefonata con una domanda che le ronza dentro: «Se sto bene, perché non posso donarglielo io un rene?». Ne parla con il suo medico curante, il quale non vede problemi ma avvisa che la strada sarà lunga e impegnativa», racconta Giovanna. Di donazione tra viventi Maria Grazia s’era trovata a parlarne davanti all’offerta della figlia e del genero, «ma per me era un tassativo no, hanno tre bambini piccoli», racconta lei.

È estate quando Giovanna suona alla porta e le racconta cosa ha deciso: «Maria Grazia non ha più parlato. È rimasta pietrificata», racconta la donatrice. Quarantotto ore più tardi le cugine sono già alle prese con analisi, accertamenti diagnostici, visite mediche guidate dalla dottoressa Linda Gammaro (dirigente della nefrologia e dialisi dell’ospedale Fracastoro di San Bonifacio...): «Mai avuto mezzo dubbio», dice Giovanna, «perchè se anche mio marito Vinicio aveva ammesso che una scelta come la mia non l’avrebbe mai fatta mi è sempre stato al fianco, come mia figlia. Avevo verificato che avrei potuto vivere tranquillamente anche con un rene solo, perché non farlo?».

Passano i mesi, Maria Grazia si fa convincere per qualche mese di dialisi «ponte» in attesa del trapianto: «Mesi preziosissimi», confida, «che mi sono serviti a costruire un mio equilibrio che tenesse conto anche della possibilità che per qualsiasi ragione il trapianto saltasse. Se Giovanna era sicura non gliel’ho mai chiesto, lo chiedeva a me mio marito Paolo».

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La scelta

È tarda primavera quando arriva la telefonata del dottor Luigino Boschiero (responsabile dell’Unità di chirurgia di trapianti del rene all’ospedale di Borgo Trento) che convoca entrambe: quando le ha davanti butta lì: «Facciamo prima del caldo?». Maria Grazia e Giovanna rispondono un sì a voce unica: entrano in ospedale il 29 maggio.

Di prima mattina si salutano con un selfie prima che Giovanna venga portata in sala operatoria per l’espianto. «Intervento molto più complesso dell’impianto: vengo posta a poca distanza da Giovanna. La sento lamentarsi», racconta Maria Grazia, «è un momento bruttissimo perché temo stia male. Poi però torno razionale, ormai siamo in ballo».

La cugina era sotto l’effetto dell’anestesia e glielo dirà lei stessa incontrandola, nemmeno 24 ore più tardi, per un secondo selfie. «Il mio rene era il suo, mi hanno detto i medici, sembrava fatto apposta ed è partito subito. Son contenta», scherza Giovanna, «volea darghe na roba fata ben!». Giorni di ricovero lei, 20 Maria Grazia. Poi l’abbraccio, la commozione ma anche le risate, «perché sì, la roba pì dura l’è sta calar de diese chili!».

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