<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Cinque generazioni iniziate con Maria «Quel giorno che affrontai un nazista»

La capostipite Maria Ramanzini con i suoi discendenti
La capostipite Maria Ramanzini con i suoi discendenti
La capostipite Maria Ramanzini con i suoi discendenti
La capostipite Maria Ramanzini con i suoi discendenti

Lei, la trisavola, Maria Ramanzini di anni ne ha 93 essendo nata nel 1925, lui, l’ultimo nato del ramo Ramanzini, Francesco, ne ha nove essendo nato nel 2009. Dunque, cinque generazioni che hanno preso il via nel lontano 1947, quando Maria sposò Angiolino Vecchietto, scomparso nel 1981. Dal matrimonio nacquero tre figli, due femmine (Disma e Maddalena) ed un maschio, Angelo. Maria diventa nonna quando nel 1966 nasce Federico figlio di Disma; diventa poi bisnonna con la nascita di Cassandra dopo il matrimonio di Federico, e nel 2009 Cassandra dà alla luce Francesco che chiude il cerchio facendo diventare la capostipite trisavola. Maria Ramanzini, persona molto allegra e loquace, racconta con piacere la sua lunga esistenza con una premessa: «Prego per vivere, ma certamente per non morire». Poco dopo, però, si smentisce dichiarando: «Mi hanno appena rinnovato la carta d’identità con validità fino al 2029, ma non credo di arrivare a tanto», conclude con un largo sorriso. Sesta di dieci figli, («siamo ora rimasti solo io e mio fratello Giancarlo, padre comboniano, già missionario»), ricorda che fino all’età di 18 anni aiutava il papà carrettiere facendo la spola tra Trevenzuolo e Verona con un carretto a due ruote trainato dalla cavalla Roma per trasportare sacchi di frumento ai molini Consolaro. Questo prima e durante l’ultima guerra. A proposito dell’ultima guerra, ricorda un episodio accaduto nella fiaschetteria che la famiglia gestiva vicino al vecchio municipio. «Eravamo agli giorni della ritirata dei tedeschi», racconta Maria. «Una mattina un soldato tedesco voleva entrare per bere del vino ma con questa scusa, di fatto come spesso accadeva, poi razziavano tutto ciò che trovavano. Svelta, riuscii a chiudere la porta rischiando di prendermi un colpo di baionetta sferrato dal militare tedesco. Però questo mio gesto istintivo evitò il peggio per la nostra fiaschetteria». Donna coraggiosa, Maria. Nella vicenda ha rischiato di non uscire incolume dalla rabbia del soldato tedesco. Ma le andò bene ed è qui a raccontarla. Dopo il matrimonio con Vecchietto, Maria lavorò nelle piantagioni di tabacco nella zona di Isola della Scala. «A 55 anni sono andata in pensione e da allora mi sono dedicata ai nipoti», sottolinea con orgoglio. E aggiunge: «In 70 anni non sono mai stata all’ospedale, nemmeno quando ho partorito i miei figli, tutti nati a casa». Così dicendo ci lascia declamando a memoria una lunga e antichissima poesia in dialetto veronese. Inizia così: «I viaggi i costa schei, e bessi (soldi, ndr) no ghe né; chi non ha denari ghe toca ’ndar a pe’ (piedi)...». E ridendo continua la sua recita. •

Lino Fontana

Suggerimenti