<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

«Castel d’Azzano
non è la periferia
di altri Comuni»

Pino Caldana, vicesindaco di Castel d’Azzano
Pino Caldana, vicesindaco di Castel d’Azzano
Pino Caldana, vicesindaco di Castel d’Azzano
Pino Caldana, vicesindaco di Castel d’Azzano

Il vicesindaco Pino Caldana non ha le chiavi del municipio, che invece ha il sindaco Antonello Panuccio. Nel 2018, Caldana non si candiderà sindaco, perché Panuccio potrebbe essere rieletto. Nel 2023, anche se la legge vieterà ancora a Panuccio di presentarsi, eventualmente, per la terza volta consecutiva perché Castel d’Azzano ha oltre tremila abitanti, Caldana non si proporrà né consigliere, né tantomeno sindaco.

Che sarà mai: già consigliere per nove anni, già assessore per altri cinque anni, vicesindaco dal 2013.

«Nel 2023, avrò 70 anni. Per allora, avrò messo a disposizione della comunità abbastanza tempo, onestà ed esperienza. Meglio dare ai giovani l’opportunità di candidarsi. Vorrei ce ne fossero».

Dice così perché, ai primi del 2017, è stato nominato vicepresidente della Provincia. Caldana; l’amor proprio è stato comunque assecondato.

«Si sbaglia. Non mi aspettavo la vicepresidenza. È un incarico eccessivo o adeguato per me? Non sarò io a giudicare».

Neanche i cittadini, perché i consiglieri provinciali sono votati esclusivamente dagli amministratori comunali.

«D’accordo: le elezioni nei Comuni sono dirette, mentre in Provincia sono indirette. Eppure, in entrambi i casi, si tratta sempre di quantificare la fiducia che i votanti dimostrano verso i candidati. I quali, in un modo o nell’altro, hanno una propria connotazione sociale e politica. Difatti, c’è chi riceve preferenze e chi no. Detto ciò, il banco di prova di un amministratore resta, innegabilmente, l’elezione nel proprio Comune».

Alle provinciali, lei è stato il primatista. Alle comunali?

«Non sono mai stato il consigliere più votato. Anzi, sono stato uno degli ultimi. Nel 2003, fui il primo dei non eletti in una lista che perse. Rispettai la decisione della popolazione. Nel 2008, mi convinsero a ricandidarmi. Fui rieletto nella lista che vinse. Mi ritrovai assessore. Pertanto, avrei concluso in bellezza la carriera amministrativa, senza sentirmi sottovalutato».

Invece, a volte il caso, diventò vicesindaco.

«Abito a Rizza, dove tradizionalmente si confrontano i candidati sindaci. Nel 2013, Panuccio promise all’assemblea che, se fosse stato eletto sindaco, il vicesindaco sarebbe stato proprio di Rizza. Feci gli scongiuri».

Mai furono più propizi. Quando ha messo il Tricolore?

«Il 4 novembre, per festeggiare le Forze armate. Alla commemorazione dei caduti sul Monte Baldo. Alla sfilata nazionale degli alpini. Mio papà, Carlo, fu un reduce della guerra in Russia».

Si è considerato il sindaco in tali occasioni?

«No, semplicemente un rappresentante dell’amministrazione».

è vicesindaco di un Comune che, però, non c’è, almeno nello schizzo che lei ha appena disegnato. Non avete un vero e proprio capoluogo, bensì quattro frazioni: Rizza, appunto, Azzano, Beccacivetta e San Martino. Non sono diversi i Comuni di Brenzone o Lavagno.

«Manca Scopella. Ci siamo raccolti spontaneamente attorno al castello, che è in una posizione centrale rispetto al resto del territorio. Oggi, il fabbricato è di proprietà del Comune. All’interno, ci sono gli uffici municipali».

Quando si dice: l’autodeterminazione dei popoli.

«Ci siamo dati un’identità».

Giusto il Veneto ha chiesto maggiore autonomia allo Stato.

«Al referendum, voterò sì». (dichiarazione di mercoledì scorso, ndr)

Castel d’Azzano confina con Verona, Buttapietra, Vigasio e Villafranca. È la periferia di altri? «Manca Povegliano. Siamo e resteremo indipendenti. Abbiamo i servizi, tanto che siamo stati uno dei primi Comuni a sostenere i costi del trasporto pubblico con Verona per agevolare gli spostamenti dei nostri cittadini. Abbiamo, addirittura, un tesoretto, poiché abbiamo recuperato 900mila euro che, inizialmente, erano inclusi nei finanziamenti investiti nella ristrutturazione del castello. Una parte è stata spesa per asfaltare le strade, un’altra parte potrebbe essere destinata all’edificazione di un palazzetto dello sport. Sono moltissimi i ragazzi che utilizzerebbero la struttura. Abbiamo 50 associazioni, non tutte sportive. Gli iscritti hanno ugualmente voglia o bisogno di muoversi».

Siete uno dei Comuni più densamente popolati: 1.200 abitanti per chilometro quadrato. Siete preceduti solamente da Verona e San Giovanni Lupatoto: 1.300 abitanti. L’età media è di 42 anni. Vi pestate i piedi a Castel d’Azzano?

«Adesso, no. Abbiamo notevolmente ridotto le lottizzazioni. Completiamo le vecchie, anzichè individuarne di nuove. Abbiamo preferito le villette ai palazzoni. Abbiamo proporzionato maggiormente il numero dei residenti alla fornitura dei servizi, migliorando la qualità della vita. L’incremento demografico fu registrato tra gli anni Settanta e Novanta, quando la popolazione più che raddoppiò: da quattromila a novemila abitanti. Attualmente, siamo meno di dodicimila».

Insomma, non dovrete costruire palafitte sulle risorgive: l’acqua che, dispersa in profondità, torna placidamente in superficie. Ma non mi dirà che venendo a Castel d’Azzano vengo a vivere in campagna?

«Altrochè. La nostra agricoltura è protetta dal Piano di assetto del territorio che è stato approvato. Chiunque, poi, può usufruire del patrimonio costituito da parchi, risorgive e percorsi protetti, che compensano il traffico. Nei giorni festivi, le famiglie si ritrovano in quei luoghi. A Pasquetta, non c’è un angolo libero».

Il Piano di assetto del territorio, cioè l’ex Piano regolatore, si attua con il Piano degli interventi, cioè con gli accordi tra ente pubblico e privati per ricavare opere ad uso e consumo degli abitanti.

«È presto. Qualsiasi sarà il Piano degli interventi, salvaguarderemo il verde. Serve ossigeno per respirare».

Stefano Caniato

Suggerimenti