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La morte di Claudio Magoga

Il dolore di Antonella: «Gli dicevo: sei la mia gioia, ma sarai la mia rovina»

Morto in un lancio col paracadute
Corrado Magoga e Antonella Castagna, entrambi paracadutisti: un bacio scambiato prima di un lancio
Corrado Magoga e Antonella Castagna, entrambi paracadutisti: un bacio scambiato prima di un lancio
Corrado Magoga e Antonella Castagna, entrambi paracadutisti: un bacio scambiato prima di un lancio
Corrado Magoga e Antonella Castagna, entrambi paracadutisti: un bacio scambiato prima di un lancio

«Sei la mia gioia e sarai anche la mia rovina, se dovessi perderti. Gliel’ho detto in un momento di intimità e mi ha risposto allo stesso modo; oggi sento quanto siano vere quelle parole per un tragico evento che mi ha distrutta dentro».

A parlare è Antonella Castagna, la moglie di Corrado Magoga, l’istruttore paracadutista quarantottenne deceduto il giorno di Ferragosto, alla conclusione di un lancio che doveva abbassare il sipario su una giorno di festa e invece ha chiuso per sempre una vita e un amore sbocciato proprio in aria.

«Corrado l’ho conosciuto nel 2009, quando mi sono iscritta alla Scuola paracadutistica veronese a Boscomantico e ho fatto i primi lanci in tandem con lui: è stato subito amore tra di noi. Ho capito che era la persona giusta per la mia vita e da una convivenza immediata siamo arrivati al matrimonio nel 2013», racconta la donna, che è originaria di Velo ed era tornata in Lessinia con Corrado prendendo dimora a San Valentino di Badia Calavena: «Qui tornerà per stare con me, dopo i funerali di oggi alle 16, nella chiesa di Parona, dove è nato e dove fin da ragazzo vedeva i paracadutisti scendere e ne rimaneva affascinato. Andò alla scuola con un amico, accompagnato dalla madre, ma mentre l’amico tornò dicendo che non ci avrebbe più messo piede, per lui i lanci divennero la sua vita».

Corrado era un istruttore esperto, con più di 5.300 lanci all’attivo e centinaia di allievi che avevano appreso da lui la sicurezza e l’ebbrezza del volo, accompagnato dalla grande vela. «Era sempre disponibile, felice della vita, ottimista, rigoroso e perfezionista in uno sport che praticava con cuore e cervello: «Se non ne hai voglia o ti senti stanca, resta a terra, perché lassù il cervello deve essere sempre connesso», mi ripeteva». Così è successo quel «maledetto» pomeriggio di Ferragosto: Antonella si sentiva stanca con il pensiero già alle cose da preparare per le ferie che avevano programmato insieme, a Rodi, «un momento che avevamo organizzato per ricaricarci e saremmo partiti due giorni dopo», rivela. Ma, al campo volo, aveva voluto esserci per assistere alla discesa di Corrado e ha visto in diretta tutto quello che è successo: «Non è stato un errore, ma una tragica fatalità, nove anni di vita fortunata insieme distrutti in un paio di secondi di sfortuna», ricostruisce Antonella, «e ancora non riesco a farmene una ragione».

Lei che di professione è infermiera si è precipitata per i primi soccorsi in attesa dell’arrivo dei sanitari del 118: «È stata una prova terribile, mettere da parte il sentimento che mi usciva da dentro come un mostro per cercare di fare le cose giuste, quelle che professionalmente ti prepari a fare per chiunque ma mai penseresti per chi ami. Glielo dovevo, perché avrei rimpianto per sempre di non aver fatto per lui correttamente quello che dovevo. Lo stesso hanno fatto gli operatori del 118, veramente esemplari e a cui serbo grande gratitudine».

«Adesso sto cercando di aggrapparmi a tutto, alla mia famiglia, agli amici, ai tanti allievi di Corrado che mi sono vicini, a quello che mi rimane di lui e alle sue cose, a quella foto meravigliosa che ci colti in un bacio sul moderno turboelica Pilatus che ci stava portando in quota per un nostro lancio. Anche i suoi datori di lavoro, che non conoscevo, e i suoi colleghi sono distrutti. Lo amavano tutti e io so di aver avuto la fortuna di vivere con la persona della mia vita e condividere con lui anni pieni e meravigliosi», conclude Antonella. •

Vittorio Zambaldo

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