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Dalla Valpolicella al Gargano sulle ali di San Francesco

Gianni Sirotto e Marco Trezza durante il loro viaggio in bicicletta
Gianni Sirotto e Marco Trezza durante il loro viaggio in bicicletta
Gianni Sirotto e Marco Trezza durante il loro viaggio in bicicletta
Gianni Sirotto e Marco Trezza durante il loro viaggio in bicicletta

Attraverso l'Italia dei borghi cercando la bellezza in bicicletta. È un viaggio nel bello e nel buono, di un’Italia che sta scomparendo, quello che ha messo le ali ai piedi di due veronesi partiti in piena estate sulle vie di San Francesco. Un viaggio dal gusto della scoperta, degli incontri e pure del formaggio con i vermi. Gianni Sirotto e Marco Trezza per dieci giorni hanno percorso in bicicletta le strade del poverello di Assisi, tra strade antiche, borghi dimenticati e gente straordinaria. Quella gente accogliente che in un'Italia che sta lentamente scomparendo, trovi ancora seduta nelle piazze, ai tavolini delle osterie, a raccontarsi storie e fare filosofia, davanti ad un bicchiere di caldo vino rosso. «È un'esperienza irripetibile ed entusiasmante, più bella anche del Cammino di Compostela», commenta Sirotto, torinese di nascita, ma trapiantato in Valpolicella negli anni Ottanta, tifoso del Toro e innamorato della montagna, con la passione per lo sci fuori pista (Georgia, Siberia, Nuova Zelanda, Iran), che invece delle spiagge affollate ha preferito frequentare l’Italia rurale, quella tranquilla dei piccoli paesi e della gente ospitale, sulle tracce del poverello di Assisi, lungo il magico percorso che attraversa l'Italia centrale in 500 chilometri da Rieti a Monte Sant'Angelo, sul Gargano. Un tragitto che Angela Maria Serracchioli ha affidato alla sua guida «Con le ali ai piedi, nei luoghi di San Francesco e dell'Arcangelo Michele», che Sirotto e Trezza, veronese di città e fidato «compagno di merende on the road», hanno compiuto tappa dopo tappa pedalando e sudando. «Come me Marco adora la montagna», dice Sirotto. «In sella a una bicicletta però lui è molto più forte». In dieci giorni di pedalate per un totale di 8 mila metri di dislivello i due hanno attraversato Lazio, Abruzzo, Molise e Puglia, percorrendo tratturi, stradine di campagna e viottoli. «L’Abruzzo fuori dalle mete classiche è bellissimo», assicura Sirotto, «ed il Molise è magico: una terra ricca di storia e bellezze naturali, anche se troppo spesso dimenticata dal turismo». Eppure in questa parte d’Italia bastano due chiacchiere con i locali per scoprire un mondo di accoglienza, semplicità e generosità. Dallo «Sceriffo» di Sant’Elena Sannita (Isernia), un ragazzone produttore di saporito formaggio con i vermi, che ha dato il benvenuto ai due veronesi con una mezza forma della sua specialità casearia, accompagnata da lardo e birra, all’anziana signora che ha offerto rapanelli e cetrioli appena colti in uno sperduto borgo. E ancora da Filiberto, ottantenne custode di tante storie magiche molisane, alla nobildonna che li ha ospitati per una notte nel castello di Ripalimosani (Campobasso), Sirotto e Trezza hanno riempito il loro bagaglio intimo di bella gente, buoni sentimenti e perché no? Pure di ottimo vino. Dulcis in fundo infatti, i veronesi hanno rinfrancato lo spirito con un bicchiere di rosso Tintilia denominato «Beat» (un omaggio alla beat generation) della cantina Vinica, incontrata cammin fecendo. «Non ha nulla da invidiare all’Amarone», assicurano. Qualche sommelier di casa nostra magari non sarà d’accordo, ma a caval donato non si guarda certo in bocca. •

Gianfranco Riolfi

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