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«Un capitano disse: Spero
che le foto vengano bene»

Al Campo di Marte la testimonianza di don Angelo Beccherle è confermata da Luigi Bocci, allievo ufficiale che si trovava nella caserma dalla quale partirono i soldati che fecero parte del plotone d’esecuzione che sparò la mattina del 22 marzo 1945 a Firenze. «Io ero in una delle ultime file e poi non volli vedere la preparazione di sì orrendo delitto; udivo soltanto le grida di quei ragazzi che non volevano morire. Intorno a me c’era molta confusione, le file si erano rotte: chi urlava, chi piangeva. Scorsi accanto a me il capitano Cirri che stava cinicamente caricando la sua macchina fotografica e guardava ogni tanto il cielo, forse per poter dare al diaframma una giusta apertura. Mi parlò anche, ma di tutte le sue parole non ricordo che queste: “Tra poco giustizia sarà fatta” e accennando alla macchina fotografica: “Speriamo che vengano chiare”». Bocci ricorda che «la disperazione dei quindici soldati crebbe ancora nei giorni successivi. Essi talvolta si ritenevano autori volontari di quella strage, talaltra vittime della prepotenza degli ufficiali. Urlavano e piangevano, e spesso la notte si svegliavano all’improvviso gridando “no, no” o ripetendo gli stessi gridi dei fucilati. Invocavano la mamma, dicevano di non voler morire, emettevano urla di spavento e invocazioni di aiuto. Noi li consolavamo meglio che ci era possibile». V.Z.

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