<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Sul tetto d’Europa
pedalando
nelle notti chiare

Michela Ton e il compagno di viaggio Stefano Gamper
Michela Ton e il compagno di viaggio Stefano Gamper
Michela Ton e il compagno di viaggio Stefano Gamper
Michela Ton e il compagno di viaggio Stefano Gamper

Da Firenze a Capo Nord in bicicletta in tredici giorni, macinando una media di 350 chilometri al giorno, senza nessuna assistenza al seguito, dormendo pochissimo, al massimo due ore, e neanche, tutte le notti.

Ha dell’incredibile l’impresa appena conclusa di Michela Ton, 46 anni, padovana, da sei residente a Giazza, innamorata della montagna, dei suoi silenzi e delle sue salite. Michela è arrivata prima e unica delle donne perché tra gli 80 iscritti e i 55 partiti, l’unica rimasta in gara tra le donne è stata lei e c’è ancora chi, tra i maschi, sta pedalando anche in questi giorni per arrivare alla meta.

La gara si chiama North Cape 4000, perché la meta è quella e i chilometri da percorrere complessivamente sono 4mila: «Ma ne abbiamo fatti 450 in più per colpa mia», si scusa Stefano Gamper, altoatesino che ha preparato l’itinerario, e accompagnato Michela in bicicletta, angelo custode e compagno di pedalata, «senza quell’errore saremmo arrivati un giorno prima», appena due in più del vincitore, l’abruzzese Paolo Laureti che ha chiuso la gara con il tempo di 10 giorni, 23 ore e 36 minuti e una media di 370 chilometri al giorno. Dietro di lui i francesi Alex Bourgeonnier ed Erik Cupo.

Michela e Stefano sono arrivati decimi in classifica generale, appaiati sullo stesso tempo di 13 giorni, 3 ore e 36 minuti. I pistonieri dell’Abbazia di Badia Calavena, con il presidente Nereo Stoppele, li hanno voluti festeggiare insieme al bar gelateria L’Abazia di piazza Mercato, offrendo loro un libro dell’associazione e ascoltando dalle parole di entrambi il racconto di quei tredici giorni di fatica.

Michela arriva da altre imprese analoghe: è stata nel 2011 dalla Patagonia all’Alaska in solitaria in un anno e un mese, percorrendo 22 mila chilometri e nel 2014 ha attraversato con Stefano gli Stati Uniti da costa a costa: «Fin da piccola ho praticato sport come l’atletica, poi in seguito alla rottura di un crociato ho cominciato a pedalare per la riabilitazione e mi sono appassionata alla bicicletta. Da agonista avevo bisogno di competere ancora e misurarmi con distanze sempre più lunghe», racconta.

Momenti di sconforto ce ne sono stati, sopratutto a causa di un ginocchio che l’ha tormentata fin quasi dalla partenza: «Quando tutto va bene si va senza pensieri, quando qualcosa fa male cominciano i dubbi e si rischia di demoralizzarsi. In questo caso pedalare in coppia aiuta a sostenersi a vicenda», riconosce.

Il sonno è stato anche il bisogno più difficile da accontentare: «Perché meno riposi fai, più avanti vai, soprattutto nei paesi nordici dove fa chiaro fino a tardi e questo ti invoglia a continuare a pedalare anche fino alle tre di notte. Però abbiamo fatto anche quattro giorni di seguito senza dormire», rivela.

Il sodalizio con Stefano è nato casualmente, mentre Michela lavorava come stagionale in un rifugio e parlava della sua passione per le lunghe distanze con la bici e il desiderio di partecipare in coppia alla Trans America. Ha conosciuto un amico di Stefano che li ha messi in contatto. Stefano infatti viene dall’alpinismo dolomitico con diverse salite alle spalle, interrotte in seguito a un incidente in parete: per la riabilitazione ha cominciato a praticare il triathlon e a partecipare perfino a campionati del mondo, classificandosi terzo assoluto al campionato italiano a squadre. L’intesa con Michela è stata immediata e insieme, classificandosi primi nella categoria a coppie, hanno vinto i durissimi settemila chilometri della Trans America Bike Race che conta 65 mila metri di dislivello, tutti percorsi in completa autonomia, «e là è stato davvero difficile perché si attraversano regioni desertiche dove si sono toccati anche i 52 gradi e tratti di centinaia di chilometri senza trovare un paese o un ristoro. I telefoni non hanno copertura e sei davvero solo con te stesso», racconta Stefano.

Non rivelano ancora nulla dei piani futuri ma si può star certi che non staranno fermi: «Ogni volta che partiamo la nostra amicizia e conoscenza aumenta», aggiunge Stefano, che è dipendente del Comune di Bolzano, mentre Michela fa lavori stagionali e si sta preparando per la raccolta della frutta. È sicuro che li troveremo ancora in sella sulle strade del mondo con la fatica e la gioia di essere ancora insieme.

Vittorio Zambaldo

Suggerimenti