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Nonno Battista e la prigionia Addio all’ultimo reduce di Prun

Battista Marchesini
Battista Marchesini
Battista Marchesini
Battista Marchesini

Se n’è andato Battista Marchesini, l’ultimo reduce della guerra 1940-’45, da Prun. Si è spento, a quasi 97 anni, un testimone dell’ultimo conflitto bellico, portandosi con sé i ricordi, le tristezze di anni vissuti lontano da casa, con nessuna certezza di farvi ritorno. Parte quel periodo lo aveva voluto raccontare a una classe, la quarta, della scuola primaria di Sant’Anna d’Alfaedo. Di quel giorno resta la testimonianza raccolta dagli stessi alunni, un racconto che fa riflettere e pensare. «Il 27 gennaio 2016, in occasione del giorno della memoria, è venuto a trovarci a scuola il bisnonno di Suamy, una nostra compagna di classe. Il signor Battista ha quasi 95 anni e abita a Prun; è venuto per parlarci della guerra che ha vissuto in prima persona e soprattutto della sua esperienza in un campo di concentramento», avevano scritto gli alunni dopo querll’incontro. «Ha fatto il militare per tre anni, dal 7 gennaio 1941 all’8 settembre 1943, poi è stato portato in un campo di concentramento dove ha trascorso due anni della sua vita (dal 1943 al 1945) Parte di questa prigionia l’ha passata in Germania nel campo di Krems Donau, parte l’ha passata in Cecoslovacchia in un campo vicino a Praga. Nonno Battista ci ha raccontato che nel campo dove si trovava erano in molti prigionieri e si doveva sempre ubbidire alle guardie altrimenti si veniva uccisi. Ha ricordato di aver assistito a una morte assurda: quando è partito da Bolzano per la Germania un ragazzo si è attardato un po’ per abbracciare sua mamma che era andata a salutarlo alla stazione e una guardia gli ha sparato uccidendolo davanti a tutti». «Nel campo dove si trovava si dormiva su tavole di legno con i vestiti e lo zaino come cuscino. Al risveglio bisognava fare degli esercizi di ginnastica per rinforzare i muscoli; a volte qualcuno era talmente debole che non riusciva ad alzarsi. Il cibo era scarso e consisteva principalmente in pane e patate; anche l’acqua scarseggiava e ci si lavava molto poco. Al mattino una guardia andava con il fucile a prendere i prigionieri e li accompagnava a lavorare nei campi dove raccoglievano patate e barbabietole. La sera si tornava sempre accompagnati, si doveva ubbidire e stare in fila. Arrivati venivano chiusi i cancelli dall’esterno». «Nonno Battista ci ha raccontato che erano molte le persone che morivano. I morti venivano spogliati, perché i vestiti servivano ai sopravvissuti, poi venivano gettati in solchi scavati nel terreno .Ci ha detto di ricordare molte cose brutte di quel periodo della sua vita, alcune talmente brutte che non ha voluto neanche farcele conoscere. Ci ha voluto parlare invece di alcuni gesti di amicizia e solidarietà che ha ricevuto. Un maresciallo gli teneva da parte del pane, un altro l’ha accompagnato dal dentista quando ha avuto un forte mal di denti. Una guardia lo ha aiutato a non andare a lavorare in una fabbrica di falegnameria esposta ai bombardamenti». «Il signor Battista si ritiene molto fortunato per essere tornato sano e salvo a casa. E’ stato liberato il 25 aprile del 1945 e rimpatriato il 24 giugno. Il viaggio di ritorno l’ha fatto parte in treno e parte a piedi. Ricorda di essere arrivato a casa al mattino presto; sua mamma era in chiesa a pregare, tutti hanno fatto festa per il suo ritorno», terminava il racconto di quell’ incontro scritto dagli alunni della quarta della scuola primaria di Sant’Anna d’Alfaedo. •

Renzo Cappelletti

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