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L’attendente era Bartali
che aiutava gli ebrei

Don Angelo Beccherle con la madre Maria Macchiella
Don Angelo Beccherle con la madre Maria Macchiella
Don Angelo Beccherle con la madre Maria Macchiella
Don Angelo Beccherle con la madre Maria Macchiella

Don Angelo Beccherle era nato a Bosco Chiesanuova il 29 marzo 1916 da Alfonso e Maria Macchiella, famiglia che era titolare dell’albergo Leon d’oro, che ancora esiste in centro paese. Si racconta che fin da piccolo fosse attratto per la vita sacerdotale, tanto da tenere sermoni sul basamento della statua dell’Immacolata, eretta in piazza Chiesa in occasione della proclamazione del dogma nel 1854, e di simulare una confessione con relativa assoluzione a un cliente dell’albergo. Il sogno del presbiterato lo realizzò davvero con l’ingresso in seminario e la celebrazione della prima messa a Bosco il 30 aprile 1939: ci riuscì nonostante l’ostilità del padre che aveva in lui l’unico figlio maschio nato in mezzo alle due figlie Rita e Antonietta. Dopo un anno da curato a San Giovanni Lupatoto, fu destinato dal vescovo Girolamo Cardinale al servizio come cappellano militare e inviato a Firenze. Passò successivamente a Bologna, che restò la sua destinazione definitiva per tutta la vita, nonostante il regolamento prevedesse il cambio di sede ogni cinque anni. Con la scusa che l’anziana mamma lo aveva raggiunto a Bologna e risiedeva con lui, gli fu concesso di restare nel capoluogo emiliano, cambiando ogni cinque anni soltanto l’Arma in cui prestava servizio: fu così alternativamente cappellano dei carabinieri, dei finanzieri, dell’esercito, fino alla pensione. Quando il vescovo gli chiese di tornare in diocesi per prendersi in carico una parrocchia, non se la sentì dopo tanti anni di vita militare, e gli rispose che non sarebbe mai andato volontariamente, ma solo su ordine del vescovo, perché dal vescovo era stato incaricato di questa missione. Così, non arrivando mai l’ordine scritto, restò a Bologna fino alla morte, che lo colse a 76 anni, l’11 ottobre 1992. Ha voluto essere sepolto a Bosco Chiesanuova, nella tomba di famiglia. Della sua vita ha sempre raccontato poco, ma i nipoti Alfonsina Toffolati, con il marito Mario Andrioli e Federico e Mario Chiesa, figli delle sue sorelle, sono depositari dei suoi ricordi e mostrano con orgoglio la foto autografata con dedica di Gino Bartali («A don Angelo Beccherle, con sincera riconoscenza, 8 marzo 1944»). Era il periodo in cui Ginetaccio, costretto a indossare la divisa della Guardia nazionale repubblicana, era stato “assunto” da don Angelo come suo attendente, per proteggerlo e permettergli di svolgere segretamente attività a favore degli ebrei fiorentini, collaborando con il rabbino Nathan Cassuto e l’arcivescovo della città cardinale Elia Angelo Dalla Costa, che condivide con Bartali il titolo di “Giusto tra le nazioni”, riconosciuto loro dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime della Shoah. Tra le carte che la famiglia custodisce gelosamente c’è anche la commovente lettera che Guido Targetti scrive al fratello poche ore prima della fucilazione. V.Z.

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