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Caio il cestaio
«Intreccio
il nostro passato»

Giovanni Claudio Zuffo, Caio il cestaio
Giovanni Claudio Zuffo, Caio il cestaio
Giovanni Claudio Zuffo, Caio il cestaio
Giovanni Claudio Zuffo, Caio il cestaio

Un’arte antica quanto l’ uomo: intrecciare cesti. Questo è quello che fa «Caio il Cestaio» cioè Giovanni Claudio Zuffo, anzi Jean Claude visto che è nato in Francia negli anni Cinquanta da una coppia di italiani emigrati a cercar fortuna, che mai trovarono.

«Qualche anno fa ho frequentato un corso di cesteria in una malga a Gorgusello e da allora mi sono appassionato all’arte dell’intreccio che ho trasmesso a mia moglie Elis», racconta, «con il nostro laboratorio storico-didattico itinerante, vogliamo far conoscere la storia di questa antichissima arte che rischia di scomparire.Per molti la cesteria è ancora un mondo da scoprire, per noi resta una tradizione da trasmettere e tutelare perché crediamo che l’autoproduzione sia, oggigiorno, l’unica vera rivoluzione. Come Cestari della Valtramigna frequentiamo le fiere e le sagre paesane assieme agli artigiani del gruppo cimbro “la Ringaja”». Non manca qualche rievocazione storica, in cui rappresentano una coppia di cestai del XIII secolo che intrecciano dal vivo manufatti tradizionalmente usati in Lessinia.

«Dopo una ricerca su forme, usi e nomi dei cesti usati per secoli, ci siamo posti l' obiettivo di divulgare le conoscenze apprese dagli anziani, un sapere antico che rischia di essere dimenticato con la scomparsa dell'ultimo cestaio», racconta. «Riprendiamo antiche tecniche di lavorazione per la creazione di manufatti usati per la semina, raccolta, trasporto e lavorazione dei prodotti della terra». Nascono così la «cavara», «el cortel a du maneghi» per la lavorazione del legno (castagno, frassino e nocciolo) impiegato nella costruzione dell’ordito del «sesto» della Lessinia di origine cimbra, «Derlo» e «Sgorbiola».

«Grazie all'aiuto dei maestri intrecciatori della nostra associazione (Salice Vivo di Urbino) utilizziamo un espositore dei principali "viticci" vegetali (salici, cornus, sanguinea, ligustro, olivo, eccetera) usati da tutti i cestai nell'intreccio dei manufatti antichi, di cui raccontiamo l’uso nei secoli. Non basta istituire un museo statico della cultura del territorio - un cesto non dura in eterno e prima o poi verrà distrutto - , ma bisogna conservare, ripristinare, restaurare e valorizzare ambienti di vita e di lavoro tradizionali, utili per tramandare le testimonianze della cultura materiale».

Fino ad oggi sono state formate circa 80 persone (perlopiù donne) e sono stati creati gruppi d’intreccio in diverse località (Cavalo, Cerro, Pazzon). «Oggi assieme ai nostri aspiranti sestari andiamo nei boschi per riconoscere il materiale intrecciabile, raccoglierlo con la luna giusta, selezionarlo, ammollarlo e fare un cesto», conclude Caio il Cestaio. «Questi semplici gesti appartenenti a un popolo estinto, in realtà possono regalare l’opportunità di scoprire un po' di più le nostre radici e farci sentire il legame con la natura e i nostri antenati».

Domani Giovanni Claudio Zuffo lo troverete a Montorio dove, al castello, ci sarà il primo raduno nazionale dei cestai. Non poteva mancare.

Giancarla Gallo

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