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Andare a funghi?
È sport estremo
Lo dicono i dati

Un cercatore di funghi in un bosco. Indossa calzature adatte e si aiuta con un bastone
Un cercatore di funghi in un bosco. Indossa calzature adatte e si aiuta con un bastone
Un cercatore di funghi in un bosco. Indossa calzature adatte e si aiuta con un bastone
Un cercatore di funghi in un bosco. Indossa calzature adatte e si aiuta con un bastone

Se qualcuno pensa che l’ arrampicata in solitaria e senza corda o lo sci estremo siano le attività più rischiose fra quelle praticabili in montagna, si sbaglia di grosso.

Statistiche alla mano l’attività più pericolosa (o comunque fra le più pericolose) è l’andare a funghi. Il rischio non è legato tanto all’eventuale tossicità del fungo raccolto (questo è un discorso a parte), quanto all’attività di ricerca in sé.

Le statistiche fornite dal Corpo nazionale del Soccorso alpino (Cnsas) parlano chiaro. A livello nazionale, nel 2013 gli incidenti occorsi a fungaioli sono stati 319 su 6.579, nel 2014 sono stati 358 su 7.295, nel 2015 sono stati 315 su 7.146 e nel 2016 «solo» 206 su 7.274.

Guardando nel dettaglio, però, si nota che nel 2016, ad esempio, gli incidenti occorsi ai fungaioli sono stati quasi il doppio di quelli occorsi a chi pratica l’arrampicata sportiva. E spesso sono incidenti mortali, come quello avvenuto giovedì 17 agosto sul Monte Baldo.

A Verona le statistiche parlano di circa un paio di incidenti all’anno su un totale di 50 interventi di media. Ma se si leggono le cronache riportate sui quotidiani trentini in queste settimane, ci troviamo di fronte a un vero e proprio bollettino di guerra che va dal Grappa ad Asiago e dalle Dolomiti ai Sarentini passando per tutte le Prealpi veneto-trentine. E questo perché? Semplice: perché di solito chi va a funghi non è consapevole che sta svolgendo un’attività che può mettere in serio pericolo la propria incolumità.

«Bisogna dire anzitutto», sottolinea Roberto Morandi, capo del Soccorso alpino di Verona che pochi giorni fa ha recuperato con le proprie mani il corpo senza vita di un fungaiolo, «che, sebbene praticata da tutti spesso sulla base dell’improvvisazione, l’ andare a funghi è come tutte le attività all’aperto un’attività che richiede una buona preparazione fisica e un ottimo senso dell’orientamento. Non sono pochi, infatti, quelli che dopo aver vagato a lungo lontano dai sentieri battuti ad un certo punto non ricordano più la strada fatta e, senza più punti di riferimento ed ormai anche già stanchi, si fanno prendere dal panico e, se hanno con sé il cellulare, chiamano i soccorsi».

«DI SOLITO SI RIESCE, anche grazie al sistema di geolocalizzazione satellitare che utilizziamo da qualche anno (l’applicazione GeoResq per smartphone), a rintracciarli in tempo breve anche nei boschi più fitti», continua. «Ma senza tecnologia si deve procedere con i sistemi tradizionali di ricerca e individuazione e allora son dolori: ci vogliono ore, a volte mezze giornate o più per trovare il disperso. Si deve infatti procedere a tentativi e qualche volta al malcapitato tocca passare una notte all’addiaccio».

Ma i pericoli non finiscono qui. I funghi non crescono esclusivamente in zone di sottobosco pianeggiante. Spesso si trovano sull’orlo di piccole o grandi scarpate, di dirupi più o meno alti. Li si trova soprattutto al mattino e su terreno reso scivoloso dalla rugiada o, magari, da una pioggia notturna. È arcinoto che i funghi spuntano dopo piogge o su terreni comunque umidi e umido, in montagna, è sinonimo di scivoloso. Tutti terreni, insomma che andrebbero affrontati con calzature adatte e magari agevolati da bastoncini telescopici che, seppur a volte ingombranti, sono ideali per puntellarsi su terreni ripidi.

«Invece la maggior parte dei fungaroli», è sempre l’esperto del Cnsas a parlare, «hanno ancora la pessima abitudine di andare nel bosco con gli stivali di gomma. Questo tipo di calzature sono del tutto inadeguate per muoversi in sicurezza in un ambiente impervio e scivoloso quale è appunto il bosco. Offrono pochissima sensibilità al piede e costringono a una camminata innaturale, molto diversa da quella offerta dagli scarponi. Bisogna invece sempre calzare scarponi con collo alto per preservare la caviglia e poter camminare con passo sicuro. Non solo: è opportuno indossare vestiario colorato per essere facilmente individuabili in caso di necessità ed è utile avere la giacca a vento per proteggersi dall’acqua e maglia di pile per proteggersi dal freddo, ma anche pila frontale e fischietto per poter farsi sentire anche a notevole distanza e, infine, smartphone con batteria di riserva.”

Per maggiori informazioni è utilissimo visualizzare il sito www.sicurinmontagna.it/media/activity/pdf/461/sicuri-a-cercar-funghi-17.pdf.

Eugenio Cipriani

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