«Mio padre Francesco era Cavaliere di Vittorio Veneto». Virginio Marchi se lo ricorda bene, quell’uomo alto e buono, mezzadro, una moglie e dieci figli: «Il primo era Giovanni, poi Cecilia, Antonio, io, Angelina, Maria, Fulgenzio, Andrea, Luigi e il primo gennaio del 1948 l’ultimo, Bruno». Aveva 18 Francesco, classe 1898, quando fu spedito al fronte per combattere la Prima Guerra mondiale. Uno dei pochi sopravvissuti alle battaglie del Carso e del Pasubio. «Papà raccontava poco della guerra», racconta Francesco. «Andava molto fiero però di un episodio: durante uno scontro a fuoco, un suo compagno rimase ferito. Non ci pensò due volte: buttò il fucile per terra, abbandonò la sua postazione, si caricò il compagno sulle spalle e lo portò nelle retrovie. Per questo, in un primo momento, fu accusato di essere un disertore, accusa poco dopo ritirata. A lui in ogni caso non importava perché era più importante aver salvato la vita al suo compagno». Francesco fu poi chiamato anche per la Seconda Guerra mondiale, «ma lo rimandarono a casa subito», conclude Virginio. «Perché allora aveva sette figli, a casa, da far diventar grandi». S.M.