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Delitto Perantoni

«Uccise per duemila
euro»: condannato
al carcere a vita

Il delitto di Piovezzano
L'imputato durante il processo
L'imputato durante il processo
L'imputato durante il processo
L'imputato durante il processo

Carcere a vita. Come aveva chiesto, al termine della requisitoria, il pm Nicola Scalabrini.

Fabio Terracciano, il fabbro di Lazise accusato di aver ucciso la sera del 12 settembre di due anni fa Romano «Mano» Perantoni all’interno della sua abitazione di Piovezzano, alla lettura del dispositivo è rimasto immobile. Pietrificato. Ergastolo con isolamento diurno per sei mesi e 10mila euro di multa la condanna inflitta dalla Corte d’Assise presieduta da Sandro Sperandio (Rita Caccamo giudice a latere).

La ricostruzione dell’accusa ha retto, è rimasta l’aggravante dei motivi futili, ovvero il debito, i 2mila euro che Terracciano doveva al suo fornitore di cocaina. Quel debito non pagato che aveva fatto arrabbiare la vittima.

 

Perantoni il 12 settembre venne colpito sei volte al capo, mentre era in cucina e dava le spalle al suo assassino, con un oggetto che il medico legale ha ipotizzato fosse un’accetta o una roncola. Il 13 un cliente era andato a casa sua, nel residence Stella, aveva notato il cadavere ma se n’era andato e si era confidato con un frequentatore del Ser.T che poi disse tutto ai carabinieri di Caprino. Poi le contraddizioni, troppe, in cui cadde Terracciano, incastrato anche da intercettazioni ambientali, fin dal primo interrogatorio, sospettato perchè l’autista di Perantoni aveva raccontato di quel debito. 

F.M.

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