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«Mio figlio isolato e insultato»

Ragazzi in classe
Ragazzi in classe
Ragazzi in classe
Ragazzi in classe

«Leggo perché altrimenti mi emoziono: se sono qui è perché nessun altro ragazzo debba subire quello che è capitato a mio figlio». Il papà interviene con la voce rotta verso la fine di una serata dedicata al bullismo e rivolta a tutta la comunità scolastica. C’è voluto tanto coraggio per decidere di raccontare in pubblico dell’isolamento, delle prese in giro, di quel brutto epiteto - «frocetto» - rivolto a suo figlio di 12 anni e che ha portato Giovanni (nome di fantasia) e stare così male da essere sottoposto ad esami per escludere malattie. Giovanni non tornerà in quella classe anche il prossimo anno. Ma nessuno dev’essere costretto a lasciare la sua scuola per questo. Il papà prosegue: «Non si può combattere il bullismo se noi genitori siamo i primi a non riconoscere la parte di responsabilità dei nostri ragazzi, a minimizzare e a giustificarli. La scuola da sola non basta, devono essere le famiglie a educare, a spiegare perché non si devono compiere certe azioni». Il suo appello arriva mercoledì sera dritto agli altri genitori presenti in sala: l’incontro è stato organizzato dall’Istituto comprensivo Fracastoro con la psicologa Giovanna Guadagnini, del Punto Ascolto dell’Ufficio scolastico provinciale proprio per affrontare quel caso di bullismo, verificatosi in una classe di seconda media a Cavaion. Quel papà spiega la difficile situazione che sta affrontando suo figlio, preso di mira da alcuni mesi dai maschi della sua classe. Non con la violenza fisica, ma psicologica: prese in giro per i suoi presunti difetti, per il modo di parlare, di camminare o pettinarsi, fino ad affibbiargli l’odioso nomignolo di «frocetto» e a escluderlo dal gruppo di amici. Una storia come tante, che toccando direttamente la piccola comunità di Cavaion viene raccontata per trovare insieme una via d’uscita, per evitare che altre se ne verifichino. Il peso delle offese e dell’emarginazione ha provocato in Giovanni «uno stato di forte ansia accompagnato da molti malesseri fisici», descrive il padre. «Lo abbiamo sottoposto a esami medici per escludere malattie, tutti risultati negativi: ci siamo quindi arresi alla realtà che si trattava di sintomi psicosomatici e del suo modo di reagire al senso di inadeguatezza e al vuoto creato dentro e attorno a lui dall’esclusione». La serata rivolta ai genitori è uno degli strumenti messi in campo dall’Istituto comprensivo per affrontare il problema. Parallelamente, spiegano il dirigente scolastico Luigi Facchini e la professoressa Maria Mogavero, referente per bullismo e cyberbullismo, sono stati svolti interventi mirati in classe per far riflettere ragazzi e ragazze sul concetto di limite e su che cosa succede quando lo si supera nel rapporto con i compagni. La strada è ancora in salita, ammette il papà: «Invece di ricevere scuse sincere e atteggiamenti di comprensione, nostro figlio è stato ancora più isolato». Giovanni così ha deciso di cambiare scuola, «di non frequentare più Cavaion, il suo punto di riferimento». Supportato dalla famiglia, dagli insegnanti e dalla psicologa, Giovanni ha voluto rendere partecipi i compagni del suo malessere e della scelta maturata di conseguenza. Così ha scritto una lettera che a inizio settimana ha condiviso sul gruppo Whatsapp della classe (alcuni stralci qui a fianco). Il messaggio che non contiene recriminazioni, ma la speranza che condividere il suo stato d’animo e la sua esperienza serva come esempio perché non accada a nessun altro di vivere una situazione così pesante. Ebbene, qualcosa si è mosso: sono arrivate risposte di supporto e comprensione da parte delle femmine, che pare non si fossero accorte di quanto stava accadendo, e da qualche compagno che si era prestato ad atteggiamenti da bullo, altre si spera ne arrivino, sincere. La serata è comunque anche l’occasione per parlare in modo più ampio di bullismo e cyberbullismo, delle insidie della rete ma soprattutto della genitorialità. In prima fila i sindaci di Cavaion Sabrina Tramonte e di Affi Roberto Bonometti, dal momento che l’istituto comprensivo si divide tra i due paesi. La psicologa Guadagnini ammonisce: «Siamo noi che non siamo capaci di fermare i nostri figli quando superano il limite e per avere il senso del limite bisogna tornare a sentire emozioni, a provare empatia». Per prevenire il bullismo l’Istituto comprensivo integrerà ora il regolamento scolastico con linee guida di comportamento, responsabilità delle varie figure coinvolte (tra cui i genitori) ed eventuali sanzioni come il coinvolgimento in lavori socialmente utili dei ragazzi che sbagliano. Anche se la decisione di cambiare scuola dovesse essere definitiva, la storia di Giovanni sarà comunque positiva: avrà dato un insegnamento di vita ad altri ragazzi e ragazze. E alle loro famiglie. •

Katia Ferraro

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