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La galleria d’acqua voluta dal duce

Fango, detriti e legname scaricati dall’Adige nel Garda:  gravi le conseguenze per l’equilibrio del lago
Fango, detriti e legname scaricati dall’Adige nel Garda: gravi le conseguenze per l’equilibrio del lago
Fango, detriti e legname scaricati dall’Adige nel Garda:  gravi le conseguenze per l’equilibrio del lago
Fango, detriti e legname scaricati dall’Adige nel Garda: gravi le conseguenze per l’equilibrio del lago

«La galleria Adige- Garda ha salvato la città di Verona e parte della Valpolicella. Il lago ha fatto un grande sacrificio, giustificabile solo in casi eccezionali come è stato questo». Sono le parole del segretario generale della Comunità del Garda, che commenta così l’utilizzo per la dodicesima volta da quando è stato costruito, dello scolmatore che origina a Ravazzone di Mori e sbocca nel Garda a sud di Torbole. LA STORIA. Una galleria la cui storia è molto particolare e merita di essere raccontata. L’idea di crearla risale ai primi anni venti, probabilmente al 1923, quando Benito Mussolini aveva pensato di sfruttare il salto di livello tra il fiume e il Garda per cercare di produrre energia idroelettrica. Il primo progetto fu approvato il 3 febbraio 1939 e i lavori partirono poche settimane dopo. Tra il 1939 e il 1959 l’opera fu completata. La galleria è lunga quasi 10 chilometri e registra un dislivello di poco più di 100 metri tra il letto del fiume e lo sbocco nel lago di Garda, a Torbole. Per questa ragione l’ acqua vi scorre senza spinte artificiali. LA PORTATA massima è di 500 metri cubi al secondo anche se, martedì 30 ottobre, è stata utilizzata solo parzialmente, e cioè con punte massime di 350 metri cubi. Scaricando nel lago l’acqua eccessiva che si trova nel letto dell’Adige, si evita che il fiume esondi creando allagamenti specialmente nei paesi di Pescantina ma pure a Parona e in alcuni quartieri di Verona, oltre che nel centro storico della città. Per innalzare di un centimetro il livello del lago di Garda, la galleria deve immettere circa tre milioni e 700 mila metri cubi d’acqua. Nei giorni scorsi sono stati gettati circa 17 milioni di metri cubi d’acqua in poco più di 16 ore consecutive di apertura. Le paratoie per il deflusso coprono quattro bocche di immissione. Ogni paratoia è larga 9,50 metri. LA GESTIONE. Il primo luglio 2002 è stata firmata una convenzione per l’utilizzo della galleria tra Provincia autonoma di Trento, le regioni di Veneto e Lombardia , Agenzia interregionale per il fiume Po e le Autorità del bacino del fiume Po e del fiume Adige. Una convenzione di 11 articoli, che regolano esattamente chi, come e quando possa dare l’ordine di aprire lo scarico nel Garda. «Quando l’altezza dell’Adige supera la quota idrometrica di 4 metri al ponte San Lorenzo di Trento», recita l’articolo 4 della convenzione, «ed è prevedibile un ulteriore sensibile aumento della altezza idrometrica, il responsabile provinciale (della Provincia di Trento, n.d.r.) allerta le Regioni e L’Agenzia, in modo che, durante la piena, possa essere attivata ogni necessaria comunicazione...e possano essere concordate le decisioni da assumere». LE MISURE. L’articolo 5 precisa: «...ai fini della decisione, si considerano critiche le altezze idrometriche di seguito riportate... ma sono valori non vincolanti, sono solo di riferimento. Operazioni di apertura: 5 metri al ponte San Lorenzo di Trento, 5.20 a Villa Lagarina, 5.40 a Marco di Rovereto, 5,50 a Vò Destro di Avio, 2.10 a Pescantina e 2.20 a Verona, ponte San Gaetano». Per le operazioni di chiusura, invece, le altezze idrometriche devono essere due e devono essere contemporaneamente presenti: «4,80 metri al ponte San Lorenzo a Trento e 5,30 a Vò Destro di Avio». In pratica, con queste altezze la piena dell’Adige è da considerare non più pericolosa. Un’ ultima curiosità merita di essere menzionata: tra i sei firmatari della convenzione del 2002, l’assessore che ha siglato il documento per conto della Regione Veneto era il delegato all’ambiente e ciclo integrato delle acque, il veronese Massimo Giorgetti. PRODOTTI BELLICI. Anche dal punto di vista storico lo scolmatore Adige - Garda ha un’ importanza peculiare. Durante la seconda guerra mondiale un tratto di galleria nei pressi dello sbocco di Torbole venne utilizzato per la produzione bellica. Nel 1944 la ditta Caproni, che trae origine dal nome dell’ingegnere che fece una grossa parte della storia dell’ aeronautica italiana, produsse pezzi per le Wunderwaffen, le armi tedesche segrete del Terzo Reich. Lo testimonia il documentario di Mauro Vittorio Quattrina, Tunnel Factories del 2010. Nel bunker vi si costruivano turbine di missili V1, pulsoreattori con testata esplosiva, i V2, una sorta di razzi lanciati nella stratosfera capaci di inseguire gli obiettivi a quattromila chilometri all’ora, ma pure V3 e V4 e aerei da caccia, come il Me262 e Me163. «Pezzi che venivano poi spediti alle fabbriche di assemblaggio del campo di concentramento di Dora - Mittelbau in Germania. Intorno alla galleria sono stati trovati anche pezzi di aerei dalle fatture molto strane: testimoni raccontano di raggi verdi misteriosi che si vedevano nel cielo, per testare i nuovi aerei che si progettavano», spiega Quattrina nel suo documentario. UFO DI HITLER. A Riva del Garda esisteva il centro di ricerca sperimentale aeronautica Herman Goering: le testimonianze degli ultimi 50 anni definivano questi velivoli gli «ufo di Hitler». In un filmato d’epoca si vede un disco bianco per dieci secondi su una pista da volo a Breda, nel milanese. Tra Torbole e Riva si progettavano pure mini sottomarini, come i tre prototipi propulsione a reazione, unici al mondo, realizzati con motori turbo jet per lanciare i siluri a 35 nodi, quasi 70 km all’ora, velocità incredibili per l’epoca. Uno di questi tre prototipi è stato affondato dagli stessi tedeschi in ritirata nelle acque del Garda, per non farlo finire nelle mani degli americani e, nelle settimane scorse, un sommergibile francese ne ha filmato i resti nelle acque di Torbole. •

Gerardo Musuraca

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