<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Depuratore del Garda Fumata nera nel bresciano

Gelmini e Peretti nella sede della Comunità del Garda
Gelmini e Peretti nella sede della Comunità del Garda
Gelmini e Peretti nella sede della Comunità del Garda
Gelmini e Peretti nella sede della Comunità del Garda

Bisognerà aspettare ancora undici giorni per sapere (forse) come e soprattutto dove verrà realizzato il nuovo depuratore del Garda bresciano, da costruire ex novo e da affiancare a quello di Peschiera sulla sponda veneta. Sorprendentemente, nonostante gli annunci, ieri al tavolo della conferenza stampa convocata alla sede della Comunità del Garda dalla presidente Mariastella Gelmini erano assenti il presidente di Acque Bresciane Gianluca Delbarba e Giorgio Bertanza, professore del dipartimento di ingegneria civile dell’Università di Brescia, incaricato mesi fa dello studio per individuare il punto ottimale dove costruire il depuratore. «Ieri», ha comunicato la presidente Mariastella Gelmini, «abbiamo ricevuto dal Ministero dell’Ambiente la convocazione per martedì 9 ottobre di un tavolo tecnico tra le due Regioni di Lombardia e Veneto, i rispettivi Ato e Ats Garda Ambiente, l’associazione di scopo in rappresentanza dei 35 sindaci gardesani aderenti. L’incontro con il generale Sergio Costa e i suoi tecnici servirà per procedere alle fasi esecutive». Strettissimo il riserbo sui risultati dell’indagine commissionata da Acque Bresciane all’Università di Brescia. Nonostante le sollecitazioni nessuno ha fornito nuovi elementi: si è appreso solo che l’Università di Brescia ha proposto ad Acque bresciane ben cinque linee guida, ipotesi che inevitabilmente sono state comunicate all’Ato di Brescia per le valutazioni con i sindaci dei territori competenti. Per il resto è stato ribadito quanto già si sapeva: bloccata l’ipotesi Visano dal «no» dei sindaci di quella zona e dal contenzioso legale plurimilionario fra ex gestori e Provincia, l’altro dato certo è che l’eventuale nuovo depuratore non sverserà le acque nel lago, come invece quello al servizio di Tremosine e Limone o come quello di Arco, che scarica nel lago attraverso il Sarca. «Lo studio», ha ribadito Mariastella Gelmini, parte dal punto fermo che il lago non può essere il corpo recettore delle acque depurate dall’impianto. Bisogna procedere», ha sottolineato, «guardando il lago come porto unico senza campanilismi». Dello stesso avviso il presidente di Ats e sindaco di Castelnuovo Giovanni Peretti: «Non è più tempo per le parole», ha esordito, «bisogna fare sul serio perché se scoppiasse il collettore sarebbe la fine. Le acque del lago hanno bisogno di 27 anni per il ricambio generale e non vogliamo arrivare a questo punto». «Roma» ha detto, «deve ascoltare il territorio e nello specifico, democraticamente, siamo noi sindaci. L’auspicio è che l’incontro del 9 ottobre possa portare a qualche passo avanti senza essere poi costretti a scendere in piazza con i cartelli». Chiaro il riferimento alle recenti dichiarazioni del ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli che in più occasioni ha sposato le critiche pentastellate assunte fin dalla scorsa legislatura per un progetto preliminare che può essere «ripensato» con altri depuratori più piccoli dislocati lungo la costa lacuale. «Il sistema di Peschiera è ormai insufficiente», ha rilanciato il presidente di Garda Uno e consigliere di Acque bresciane Mario Bocchio, «ne serve un altro sulla sponda bresciana escludendo il lago come elemento recettore: quanto accaduto recentemente nel Sarca con l’incidente al depuratore di Arco è indicativo in questo senso». •

Luciano Scarpetta

Suggerimenti