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Truffa al mercato cerasicolo In tre a giudizio

Mercato cerasicolo: la Valdalpone è una delle migliori zone di produzione delle ciliegie
Mercato cerasicolo: la Valdalpone è una delle migliori zone di produzione delle ciliegie
Mercato cerasicolo: la Valdalpone è una delle migliori zone di produzione delle ciliegie
Mercato cerasicolo: la Valdalpone è una delle migliori zone di produzione delle ciliegie

La truffa al mercato cerasicolo di San Giovanni Ilarione: il 24 ottobre davanti al giudice Rita Caccamo compariranno in tre. Sono C.L.M. e P.D.A. due quarantottenni di Adrano (in provincia di Catania) e F.D.M., un settantaseienne di Roncà, le persone che il pubblico ministero Francesco Rombaldoni, al termine delle indagini preliminari, ha chiamato a rispondere in tribunale dei fatti occorsi esattamente tre anni fa al mercato cerasicolo Val d’Alpone-La Ciliegia di San Giovanni Ilarione. La stagione 2015 per 37 persone si era conclusa infatti con mancati incassi, relativi all’acquisto di ciliegie, per almeno 64 mila euro. E all’elenco dei danneggiati vanno aggiunti il Comitato cerasicolo Val d’Alpone, che gestiva il mercato, ed Antonio Rivato, che del Comitato era presidente. Il mercato, che per anni era rimasto inattivo, era stato riaperto in grande stile su iniziativa dei sindaci dei Comuni di San Giovanni Ilarione, Roncà e Vestenanova in un capannone di via 11 Settembre che metteva a disposizione 4200 metri quadrati di superficie coperta. STANDO ALL’ACCUSA i due catanesi erano andati al mercato cerasicolo e si erano presentati a Rivato come «commercianti incaricati di acquistare ingenti quantitativi di ciliegie per conto di una catena di supermercati operanti nella provincia milanese brianzola». In questo modo avevano guadagnato il diritto a un posteggio al mercato e pure l’utilizzo di cassette, contenitori e bancali. Al mercato ci erano arrivati assieme all’anziano roncadese (per il quale il pm a più riprese parla di «concorso morale»), e avevano consegnato all’allora direttore del mercato Antonio Stoppele, come cauzione, un assegno da 2.500 euro (poi risultato scoperto). Una volta accreditati al mercato, i due siciliani avevano iniziato a contrattare l’acquisto di ciliegie, «dapprima comperandone in alcuni casi modeste quantità, che pagavano immediatamente in contanti o con assegni al fine di guadagnare la fiducia degli interlocutori». Al loro fianco il roncadese che, sempre secondo la sintesi che appare nella citazione a giudizio, «garantiva la serietà professionale e la solvibilità dei due dichiarando anche che avrebbero pagato la merce a prezzi leggermente superiori a quelli di mercato in modo da fugare la diffidenza dei produttori inducendoli a concludere l’affare». A quei primi acquisti ne erano seguiti altri pagati, però, con assegni firmati su due piedi dai catanesi e non con i loro nomi. Solo successivamente, una volta pronti per incassarli, i cerasicoltori della Val d’Alpone avavano scoperto di essere stati truffati. Tutti gli assegni erano stati infatti protestati «o perché denunciati smarriti, o privi di fondi o recanti firma non corrispondente». Falso, perché intestato a un supermercato inesistente, si era rivelato anche il timbro che i due catanesi avevano utilizzato per le fatture. I cerasicoltori veronesi si ritrovarono così con merce non pagata per cifre che vanno da un minimo di 197,60 euro fino a 8.823,15 euro. I cerasicoltori truffati presentarono poco dopo un esposto che ha poi originato un procedimento penale destinato ad arrivare in aula in autunno: i tre dovranno rispondere di truffa e ricettazione in concorso. •

Paola Dalli Cani

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