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Riportata in patria
la prima guida
tascabile di Verona

Il sindaco Alessandro Ceretta con lo storico Claudio Soprana con il prezioso libro FOTO AMATO
Il sindaco Alessandro Ceretta con lo storico Claudio Soprana con il prezioso libro FOTO AMATO
Il sindaco Alessandro Ceretta con lo storico Claudio Soprana con il prezioso libro FOTO AMATO
Il sindaco Alessandro Ceretta con lo storico Claudio Soprana con il prezioso libro FOTO AMATO

Un pezzo di storia veronese è stato riportato in Italia dalla Francia, grazie al Comune di Arcole. Si intitola «Le bellezze di Verona. Nuovo ragionamento. Nel quale con brevità si tratta di tutte le cose notabili della città» ed è un libretto scritto a Verona da Adriano Valerini nel 1586: esso è considerato la prima guida turistica «tascabile» di Verona e del suo territorio.

Ebbene, una copia originale della prima edizione del 1586 del prezioso libretto, è appena stata acquistata dall’Ente fiera di Arcole, con il contributo anche di Ser.it. e della Far.Co., farmacia comunale di Gazzolo. L’antico volumetto sarà custodito nel Museo civico e Napoleonico locale.

La copia originale del Cinquecento, rarissima, si trovava in una libreria antiquaria di Parigi. Il Comune di Arcole ha avuto il merito di trovare i fondi, di acquistarla e di riportarla quindi in Italia. Adriano Valerini fu uno storico, scrittore ed attore comico veronese. La sua prima guida portatile di Verona e provincia venne ripubblicata nel 1974, dalla stamperia Valdonega di Verona, a cura di Gian Paolo Marchi, e ciò prova che l’opuscolo era stato ben curato.

La prima edizione è dedicata al «molto illustre sig. Conte Achille di San Bonifacio», all’epoca signore di Verona. Con quest’opera editoriale, il Valerini dà prova di erudizione non comune: cita gli storici dell’antichità e fa riferimenti alle origini della città e della sua popolazione, riportandone i fatti storici, le abitudini e i costumi, la cucina, i vini e descrivendone le bellezze artistiche e naturalistiche. Nella parte dove si esaltano i prodotti tipici e le prelibatezze locali, viene data una importante notizia che riguarda proprio Arcole e che ha attratto l’amministrazione comunale arcolese.

A pagina 66 dell’opuscolo, infatti, c’è scritto: «Et per ragionar de i cibi, parmi di ricordare alcune cose, che à tutte le Città non sono da Cielo concesse, e se pur ci sono, non cosi perfette riescono. Chi negarà, che gli Sparesi non siano i migliori & i più belli di tutti gli altri; questi già nella villa d’Arcole tennero il principato; hoggi in molti altri lochi vengono lunghissimi, e grossi».

Dunque la paternità della produzione di asparagi ad Arcole appare, da queste poche righe, ormai indubbia. Ma come si evince dal passo del volume, già nella seconda metà del XVI secolo, altri paesi veronesi, oltre ad Arcole, si dedicarono a questa coltivazione con ottimi risultati.

Da ciò si apprende che l’asparago ed Arcole sono un binomio che dura da almeno cinque secoli. Arcole deve essere sempre stata vocata alla coltivazione di questo prodotto grazie alla sua terra sabbiosa, rimasta paludosa per millenni prima di essere bonificata. L’asparago era un ortaggio che si mangiava ed era considerato quale una prelibatezza fin dal Cinquecento.

Un po’ di gloria ne «Le bellezze di Verona» la trova anche Alberto d’Arcole, della nobile famiglia degli Arcole. Scrive di lui il Valerini scrive: «Il signor Giorgio pur della casa dei Cavalli non merita che se ne taccia; né il signor Aurelio Sumoriva, né il signor Aliprando de’ Zerli, né il signor Alberto d’Arcole, né il signor Scaramela de’ Scarameli: anzi ognuno di questi è degnissimo di poema e d’istoria, e dello stile di Vergilio e di Livio».

Alberto fu il personaggio più emblematico della nobile famiglia degli Arcole. Diventò ben presto il potente signore della terra d’Arcole, temuto e rispettato da tutti. Godeva anche di grande considerazione e rispetto da parte dell’imperatore Federico II di Svevia, detto il Barbarossa, a fianco del quale si schierò nel 1237, nella guerra di Cortenuova contro i Comuni della Lega Lombarda e qui cadde in battaglia.

Tra i caduti, «in un gran monte di corpi», furono ritrovati anche Alberto d’Arcole ed Aliprando de’ Zerli. I loro corpi furono riportati a Verona e qui sepolti con grandi onori.

Zeno Martini

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