<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Pasini assolta dopo 5 anni: «Un inferno»

Elena Pasini, ex assessore ai servizi sociali (ed ex candidata sindaco) di San BonifacioIl giudice Marzio Bruno Guidorizzi
Elena Pasini, ex assessore ai servizi sociali (ed ex candidata sindaco) di San BonifacioIl giudice Marzio Bruno Guidorizzi
Elena Pasini, ex assessore ai servizi sociali (ed ex candidata sindaco) di San BonifacioIl giudice Marzio Bruno Guidorizzi
Elena Pasini, ex assessore ai servizi sociali (ed ex candidata sindaco) di San BonifacioIl giudice Marzio Bruno Guidorizzi

«Ho perso cinque anni di vita. È stato terribile, tutta questa vicenda lo è. E adesso, per favore, ridatemi la dignità che mi è stata ingiustamente tolta. La mia famiglia ha pagato troppo. Ho sempre dichiarato la mia innocenza ma ho dovuto lo stesso difendermi da un’accusa infamante. Ho vissuto un inferno, non lo auguro a nessuno». E poi, tradendo la rabbia: «Ho sempre fatto politica con lo spirito di servizio, ho voluto occuparmi dei più deboli per far loro sentire che le istituzioni ci sono e che intervengono per risolvere le difficoltà, per dare risposte e supporto. Ho pagato cara la mia missione ma dopo questo calvario non voglio più sentire parlare di politica e di «impegni» per la comunità, fosse anche organizzare la lotteria di capodanno. Ripeto, questi 5 anni di processo sono stati un inferno e mi sono ritrovata da sola ad affrontarli». Poi, lasciando uscire le lacrime: «Basta, adesso devo reagire, girare pagina, è finalmente finita. Oggi ho vinto io». Elena Pasini, ex assessore ai servizi sociali al Comune di San Bonifacio, ieri alla lettura della sentenza di assoluzione emessa dal collegio presieduto dal giudice Marzio Bruno Guidorizzi, non ha «battuto ciglio», nessuna esultanza pubblica, ma ha faticato a controllare gli occhi lucidi. Sotto processo da anni con la pesante accusa di corruzione e peculato insieme a Dario Turco al tempo dirigente dei Servizi Sociali, ha potuto tirare un lungo sospiro di sollievo, a conferma che «tutta questo ambaradan è stato costruito a tavolino per infangare il mio operato e la mia morale, insieme a quelle del dirigente dell’ufficio, finito pure lui nel tritacarne con le stesse gravi imputazioni». L’ipotesi di reato era che lei, con l’aiuto di Turco appunto, aveva elargito contributi del Comune a due famiglie in difficoltà del paese, quella di Domenico Aversa (unico condannato ieri dai giudici a 9 mesi per falsa auto-certificazione relativamente al suo stato patrimoniale) e di Michelangelo Catenazzo (assolto) in cambio della loro «promessa» a prendere le tessere del partito Pdl (quello in cui militava la Pasini). Il do ut des sarebbe avvenuto tra il 2009 e il 2011. A difendere i quattro imputati e a portarli tutti al dibattimento senza il ricorso a riti alternativi («so benissimo cosa non ho fatto e quindi mai avrei potuto accettare di patteggiare», ha ribadito Pasini), sono stati i rispettivi legali per i quali la linea difensiva è stata un successo: Teodoro per l’ex assessore, Pellicini per Turco, Sittoni per Aversa e Cavarzere per Catenazzo. A rappresentare la pubblica accusa, il pm Valeria Ardito. Nel corso delle udienze sono stati diversi i fatti contestati dalla Procura, dalla concessione appunto da parte della titolare delle politiche sociali di diverse centinaia di euro ad Aversa per il pagamento delle bollette fino all’assegnazione di un alloggio popolare superando in graduatoria cittadini che avevano presentato la domanda prima di lui, addirittura senza averne diritto perchè il suo reddito era superiore ai 10mila euro. In più, alla scadenza della concessione della casa, Aversa non l’ha più lasciata, impedendo ad altri aventi diritto di accedere al bando. Un «castello» a carico di Pasini e Turco smontato ieri dalla sentenza di assoluzione, la stessa che però ha condannato Aversa perchè nella domanda di assegnazione dell’immobile aveva dichiarato che nessuno in famiglia possedeva beni (mentre invece è emerso che la moglie è proprietaria di 5 case a Crotone) e che era incensurato. Lo stesso trattamento di favore, Pasini e Turco l’avrebbero garantito al quarto imputato Catenazzo, facendogli «scalare» in fretta la graduatoria degli aventi diritto previo «pegno» di acquistare la tessera del Pdl. «Cinque anni di infamia e di notti in bianco sapendo di essere nel giusto, puliti, corretti», hanno concluso Pasini e Turco, «sì, finalmente giustizia è fatta, ma intanto, chi dobbiamo ringraziare?». •

Camilla Ferro

Suggerimenti