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La fine orribile di Gary Era il clochard gentile

Piero Taddei Esclusa la possibilità che sia stato qualche mortaretto lanciato a incendiare l’auto usata come casa dal senzatetto magrebino morto l’altra sera tra le fiamme, intorno alle 20, in via Alcide De Gasperi, a Santa Maria di Zevio. «L’ipotesi alimentata da voci di popolo, che non si sa dove abbiano trovato spunto, e’ stata smentita dalla squadra dell’Arma che ha raccolto testimonianze e pure dagli accertamenti della scientifica», fa sapere il colonnello Fabrizio Cassatella, comandante provinciale dei carabinieri. APPARE quindi certa l’ipotesi che a carbonizzare la Fiat Bravo con dentro Ahmed Edil, 64 anni sia stata una causa interna alla scassatissima vettura. Probabilmente l’immigrato ha lasciato cadere una sigaretta accesa in un momento di sonnolenza. A Santa Maria l’extracomunitario era considerato un fumatore, come del resto hanno fatto intuire i numerosi mozziconi sparsi intorno all’auto. Intanto il paese s’interroga su come il «clochard gentile» potesse vivere ormai da parecchio tempo in una scatola di lamiere. E su come sia andato incontro a una morte così atroce. «Gary (come tutti a Santa Maria chiamavano Ahmed, ndr) era aiutato da molti e tutti gli volevano bene perché buono e gentile», rimarca Margherita Andreoli, titolare dell’edicola-tabaccheria sulla via principale della frazione, assieme alla chiesa luogo in cui l’immigrato si apposta a confidando nella generosità dei passanti. «Lui non chiedeva mai nulla, si limitava a salutare augurando buona fortuna sorridendo. Viveva a Santa Maria da un paio d’anni, forse più. Riceveva indumenti, elemosine, da mangiare. Una sua connazionale lo riforniva di cibo ogni altro giorno. Tutto il paese è scosso per la sua triste fine», conclude Andreoli. LA BRAVO di Ahmed - qualche segnalazione sull’uso di alcolici - era parcheggiata su un’area privata tra le case poco lontano dal campo sportivo. «Non disponendo di servizi igienici, Gary aveva suscitato qualche lamentela», rivela il vicesindaco Gabriele Bottacini, eletto con i voti di Santa Maria. «Tuttavia il suo sgombero non era stato possibile perché l’auto era su suolo privato». Bottacini spiega che l’immigrato non aveva mai chiesto aiuto ai servizi sociali del Comune. «Col senno di poi viene da chiedersi che cosa si sarebbe potuto fare per evitare una fine del genere», si rammarica il vicesindaco. Alla questione igienica, Ahmed aveva cercato correttivi appoggiandosi ai servizi della vicina trattoria di Giambattista Andreoli. «Veniva mattina, mezzogiorno e sera. Posava a terra la borsa di nailon che aveva sempre con sé e s’infilava in bagno. Dai clienti era benvoluto: qualcuno gli offriva il panino, chi il caffè o il bicchiere di vino. Mi ha sconvolto sapere che è morto bruciato». «GARY era divenuto un personaggio del paese per la sua bonomia», osserva il parroco don Flavio Silvestri. «Per la verità una volta gli ho consigliato di spostarsi altrove, poiché i bambini piccoli del catechismo avevano paura vedendolo sdraiato davanti alla porta della chiesa. Ma lui non faceva del male ad alcuno. La sua morte è davvero una tragedia». La messa di ieri mattina don Flavio l’ha celebrata in suffragio di Ahmed. E, come il sacerdote fa in occasione di tutti i funerali, fuori dalla porta della chiesa ha affisso un’epigrafe in cui invita i fedeli a pregare per l’anima dell’immigrato. IL PRESIDENTE della Pro loco Gianni Rizzi, casa in via De Gasperi, è stato tra i primi ad accorrere sul luogo del rogo. «Usando l’estintore dell’auto, c’è stato chi ha cercato di soccorrere Gary avvolto dalle fiamme, ma inutilmente. I pompieri sono arrivati immediatamente ma non c’è stato nulla da fare: lui età morto tra puzza di plastica e gomma bruciata». «L’immigrato», continua Rizzi, «aveva scelto una vita da barbone. Sembra avesse moglie e una figlia a San Giovanni Lupatoto. Dormiva in quel rottame di auto senza vetri ai finestrini, tra coperte e cartoni per ripararsi dal freddo. Girava sempre con borse di plastica con dentro le cose cui teneva di più». In lingua araba Ahmed significa rendere grazie. Le parole più tradotte in pratica dal clochard gentile che aveva scelto un’esistenza ai margini. •

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