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Indagata per i Pfas Ma la Miteni vuole 98 milioni di danni

Una manifestazione di protesta davanti allo stabilimento della Miteni a Trissino
Una manifestazione di protesta davanti allo stabilimento della Miteni a Trissino
Una manifestazione di protesta davanti allo stabilimento della Miteni a Trissino
Una manifestazione di protesta davanti allo stabilimento della Miteni a Trissino

Luca Fiorin Da più di quattro anni cittadini, associazioni ambientaliste, politici, religiosi e chi più ne ha più ne metta chiedono che, per quanto riguarda la contaminazione da Pfas che riguarda l’area posta a cavallo fra le provincie di Verona, Vicenza e Padova, venga applicato il principio secondo il quale chi inquina paga. L’azienda che secondo l’Arpav e la Regione è responsabile per oltre il 97 per cento della presenza delle sostanze perfluoro alchiliche nelle acque e nell’ambiente, la Miteni spa di Trissino, Vicenza, ha ora ribaltato la questione. Ha infatti depositato al Tar del Veneto un ricorso nel quale afferma che a causa delle verifiche programmate dalle istituzioni all’interno della fabbrica subirà danni per 98,5 milioni di euro. D’altronde, sinora non c’è stato nessun provvedimento giudiziario attestante l’origine dell’inquinamento, anche se una decina fra dirigenti ed amministratori di oggi e di ieri della Spa trissinese sono stati raggiunti da avvisi di garanzia spiccati dalla Procura di Vicenza. All’origine dell’azione di Miteni c’è il piano di caratterizzazione dello stato ambientale dell’area produttiva, che prevede la realizzazione di carotaggi nei punti d’incrocio di una maglia formata da quadrati di dieci metri di lato. Una previsione contenuta in un programma approvato da un comitato tecnico ed una conferenza dei servizi composti da Regione, Provincia di Vicenza, Arpav, Comune di Trissino, consorzio di bonifica Alta pianura veneta a l’azienda del servizio idrico Alto vicentino servizi. Progetto contro il quale l’azienda chimica aveva già presentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Secondo quanto riportato nel ricorso presentato per conto di Miteni dagli avvocati Luca Prati ed Alessandro Veronese, che operano a Milano e Padova, l’azienda subirebbe in tutto 44 milioni di euro di danni per le conseguenze del fermo dei reparti, altri 48 per l’abbattimento di alcuni edifici e la rimozione di parti degli impianti produttivi, 4 per i costi di manodopera e 2,5 per i carotaggi. «Chiaramente si tratta di conteggi preventivi, però, se verrà avviato il piano assurdo che prevede per dieci anni carotaggi anche in aree in cui non è ipotizzabile che ci siano materiali contenenti Pfas e sotto ad edifici costruiti prima che ne iniziasse qui la produzione, questi sono i danni che ne conseguirebbero», fa sapere l’azienda. Secondo la quale questo tipo di carotaggi bloccherebbe anche la bonifica e potrebbe essere sostituito con attività più efficaci. Se le preannunciate richieste di danni non fermano la determinazione del Comune di Trissino, che è il capofila delle operazioni, l’azione della Miteni è, d’altro canto, fonte di prese di posizioni polemiche. I consiglieri regionali di area democratica Renzo Zanoni e Cristina Guarda, ad esempio, affermano: «È triste e vergognoso che questa azienda attacchi continuamente gli enti pubblici che si stanno occupando dell’inquinamento». Intanto il caso-Pfas e la Miteni sono stati citati in un rapporto presentato ieri da Greenpeace al World economic forum di Davos, in Svizzera. •

Luca Fiorin

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