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Il prete maya e la dura sorte dei guatemaltechi

Padre Clemente Navichoc
Padre Clemente Navichoc
Padre Clemente Navichoc
Padre Clemente Navichoc

È stato accolto con calore a San Zeno di Colognola padre Clemente Peneleu Navichoc, sacerdote maya del Guatemala, la cui comunità da due decenni ha stretto amicizia con quella locale di monsignor Luigi Adami. In tanti, pure da fuori paese, hanno partecipato alla messa da lui celebrata: un prete minacciato di morte perché impegnato nell’affermare giustizia e diritti. Ne ha parlato con franchezza e con verità, mentre nel suo Paese è soffocata da una politica fortemente militarizzata. Davanti a un altare con tovaglia guatemalteca, dono della sua comunità a San Zeno, il padre ha risposto alle domande dei bambini seduti ai suoi piedi, soprattutto sui bimbi della sua parrocchia, composta da 27 mila anime. I piccoli hanno chiesto di sanità e lavoro: «In Guatemala è un peccato ammalarsi: in pochi hanno soldi per medicine o per l’ospedale. Ci si cura a casa ed è per questo che nella mia parrocchia c’è un progetto con 30 donne che fanno medicine con le erbe per aiutare la popolazione. Ogni giorno la gente cerca lavoro, ma non è sicuro perché non c’è giustizia. I politici stanziano fondi per sé stessi. Sacerdoti e catechisti fanno paura ai potenti perché dicono la verità». Dopo messa, con doni portati all’offertorio con una suggestiva danza, il sacerdote ha reso una testimonianza forte: «Il militare è l’aspetto primo della politica in Guatemala, seguito da quello economico, in mano a poche famiglie. Il nostro presidente Jimmy Morales ha detto che “la corruzione è culturale”, cioé diffusa. Ha acquistato occhiali per 47 mila euro e ogni giorno per il cibo per sé e i suoi politici spende 2500 euro. Ci sono ingiustizie, falsità e impunità e la Chiesa dovrebbe fare nomi e cognomi, ma si viene minacciati di morte, è accaduto anche a monsignor Alvaro Ramazzini. Il coraggio di papa Francesco e ci fa ben sperare». È stato chiesto a padre Clemente se, come i due missionari Tullio Maruzzo e Luis Obdulio Arroyo Navarro, proclamati beati in Guatemala, diventerà santo anche il vescovo della capitale Juan José Gerardi, assassinato nel 1998 dopo aver diffuso un rapporto sulle violenze commesse tra il 1960 e il 1996 dai governi militari. Padre Navichoc ha riferito: «Ora non si sa, non se ne sente parlare, ma se il papa lo farà, sarà un gesto di grande coraggio». Sull’esodo di 7 mila migranti partiti dal Centro America verso gli Usa ha detto: «Questo popolo non cerca soldi o cibo, ma verità e possibilità di lavorare la terra. Noi, infatti, non siamo poveri, siamo stati impoveriti: non mancano miniere e risorse, però sono per i potenti, non per la gente». Mesi fa, parte del Guatemala è stata colpita dall’eruzione del vulcano El Fuego, che ha causato morti e fatto scattare solidarietà mondiale. Il padre ha detto: «Sono arrivati tanti soldi, ma non sono andati alla gente: i politici li hanno destinati prima all’esercito; nella mia parrocchia ho fatto una raccolta di viveri. Ho chiesto al vescovo di metterci tutti insieme, per migliorare la situazione, ma mi ha risposto che non si può». Il prete maya non è ottimista sulle elezioni del 2019 nel suo Paese: «L’influenza degli Stati Uniti non permetterà di avere un presidente come, ad esempio, Rigoberta Menchù (Nobel per la Pace). La politica da noi è negoziato di soldi, non si riesce a farla al servizio della gente; se qualcuno dissente, lo ammazzano». •

M.R.

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