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«Alcuni avevano vitto e alloggio Per questo prendevano meno»

Carabinieri durante le indagini sul caporalato
Carabinieri durante le indagini sul caporalato
Carabinieri durante le indagini sul caporalato
Carabinieri durante le indagini sul caporalato

«Le buste paga erano di competenza del consulente del lavoro. Il compenso di 5 euro era per coloro ai quali veniva fornito vitto e alloggio. Chi invece lavorava lontano prendeva 7,92 euro l’ora». Ha chiarito alcuni elementi, ha fornito una versione alternativa rispetto a quella che lo indica come il «dominus» di due cooperative che sfruttano il lavoro di cittadini stranieri. Insomma Gaetano Pasetto, 48 anni di San Bonifacio, arrestato insieme a Mihai Atanasoaei, 45 anni, e Neculai Dudau, 63 anni, entrambi rumeni, con l’accusa di essere al vertice di «una struttura stabile e organizzata dedita al reclutamento, assunzione e impiego di manodopera in condizioni di sfruttamento ed approfittando dello stato di bisogno» ieri nel corso dell’interrogatorio di garanzia celebrato, per rogatoria, davanti al gip Paola Vacca, ha spiegato alcuni aspetti per respingere le accuse che gli muove la Procura di Firenze. Assistito dai suoi legali (il collegio difensivo è formato dagli avvocati Luca Tirapelle, Giuseppe Contri e Paolo Mastropasqua) ha anche aggiunto che le attrezzature dell’anti infortunistica (scarpe e altro abbigliamento) venivano regolarmente fornite ai 163 dipendenti delle due cooperative che fanno capo a lui, «The new labor» e la «Geo service», ma che era impossibile controllare che effettivamente gli operai agricoli e quelli impiegati nei cantieri edili le utilizzassero. Un accenno anche all’accusa di non aver adempiuto agli obblighi che prevedono il versamento di una somma ai lavoratori che decidevano di rientrare in Patria, somma che avrebbe dovuto essere conteggiata in busta paga. Ieri Pasetto ha affermato che il versamento veniva regolarmente effettuato tramite bonifico. IL RECLUTAMENTO. Pochi particolari, che andranno verificati e in grado di alleggerire il quadro accusatorio particolarmente grave all’interno del quale, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Angela Fantechi, gli operai agricoli venivano reclutati da Mihai e Dudau o perchè li conoscevano o perchè connazionali. Entravano quindi nel circuito ed erano sempre loro ad occuparsi della sistemazione «il cui costo veniva decurtato dallo stipendio» e il contratto era a tempo determinato annuale, il gip sottolinea che in una telefonata si parla di un monte di 100 ore all’anno «che non da diritto alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato». E, sottolinea il magistrato, «la retribuzione non risulta erogata mensilmente ma solo al termine del rapporto di lavoro, modalità che non è prevista dal contratto collettivo nazionale». Una modalità che il gip definisce «particolarmente vessatoria perché pone il datore di lavoro in una posizione di ulteriore supremazia perché sono costretti a proseguire il lavoro e concludere l’anno temendo la perdita del conguaglio». Significativa una telefonata del 23 gennaio tra Pasetto e un dipendente che lavora per lui da 5 anni che vorrebbe che nel contratto figurasse l’intero monte ore. O.: «Senti io ho qui cinque anni, come andiamo a paralre che cambiamo un po’ il contratto no?». P.:«Non ho capito, il contratto d’affitto. In che senso cambiare contratto?». O.: «Di fare un contratto sicuro, di prendere una busta paga, di mettere le ore lì, il numero delle ore». Poi la conversazione prosegue e Pasetto lo rassicura che da gennaio sarà tutto a posto. E poi gli dice: «Non è che tutte le volte quello che puoi prendere corrisponde. Questo mese la busta è più alta». O: «Sì, sì, sì però ti prego mettimi le ore almeno, le ore». Insiste in questo modo perchè la sua fidanzata aspetta un bambino, chiede 50 centesimi in più all’ora e si sente rispondere da Pasetto che la paga è uguale per tutti. Senza distinzioni di anzianità. •

Fabiana Marcolini

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