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CUORE «STANCO»

Salire le scale? Un’impresa. Fare una passeggiata? Quasi impossibile. Se il cuore non pompa sangue come dovrebbe per tutto l’organismo, anche le attività di ogni giorno diventano un’impresa. Questa condizione si chiama insufficienza cardiaca o, più comunemente, scompenso. E purtroppo è sempre più frequente, tanto da colpire quasi un milione di italiani, sia pure se in forma più o meno grave. L’obiettivo, per i malati, è duplice: da un lato allungare l’aspettativa di vita, dall’altro migliorarne la qualità combattendo la «fame d’aria» e la stanchezza. Ma per ottenere questo risultato occorre conoscere il nemico, anche perché la prevenzione non è impossibile: bisogna però seguire stili di vita corretti e curare adeguatamente condizioni come l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito o gli esiti di un eventuale infarto, in base alle indicazioni del medico. Informare su questa patologia del cuore è l’obiettivo della Campagna di «I Love Life», dedicata a pazienti e caregiver che prevede una serie di attività sul territorio nazionale – Verona compresa – e una pagina facebook dedicata. La campagna è promossa da Novartis con il patrocinio del Ministero della Salute e di Aisc (Associazione Italiana Scompensati Cardiaci). «Il paziente con scompenso cardiaco», spiega Michele Senni, Direttore della Cardiologia 1 dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, «va incontro ad un significativo decadimento della qualità della vita trovandosi costretto a dover progressivamente limitare le proprie attività quotidiane fino ad arrivare a dover stare in poltrona o addirittura a letto, nei casi più severi. La patologia è caratterizzata da ripetuti ricoveri che pian piano diventano sempre più frequenti e ravvicinati nel tempo, fino a condurre alla morte che può avvenire anche in maniera improvvisa. È una malattia particolarmente subdola: spesso il paziente dopo un primo ricovero torna a casa e, passato l’episodio acuto, si sente “come prima” ed inizia a trascurare la propria condizione facendosi complice inconsapevole di una progressione silente della patologia. Ai pazienti con scompenso cardiaco va, quindi, ricordato che la patologia continua a progredire anche in assenza di sintomi evidenti di peggioramento». Eppure oggi, grazie alla ricerca, aumentano le possibilità di curare al meglio la malattia. «Da un anno, abbiamo una nuova arma a nostra disposizione, gli inibitori del recettore dell’angiotensina e della neprilisina», precisa Claudio Rapezzi, Docente di Cardiologia, all’Università di Bologna e Direttore Unità Operativa di Cardiologia Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna. «Si tratta di nuova classe di farmaci che rappresenta la prima novità sullo scompenso cardiaco da quindici anni a questa parte: gli studi i hanno dimostrato come questa nuova classe di farmaci prolunghi la durata della vita con valori medi intorno ad un anno e mezzo in un soggetto di 60 anni, ma con punte fino a 2-3 anni in più rispetto alle terapie ad oggi disponibili». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Federico Mereta

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