<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La svolta

Tangenti sui morti,
l'inchiesta svela
anche giro di droga

La svolta
Le celle mortuarie di Borgo Roma
Le celle mortuarie di Borgo Roma
Le celle mortuarie di Borgo Roma
Le celle mortuarie di Borgo Roma

Il colpo di coda. Dall’indagine sulle «mazzette» chieste dai cellisti di borgo Roma è nato un filone d'indagine sullo spaccio di droga.

Coinvolti anche Emanuele Garonzi, 52 anni di Sommacampagna, addetto alla camera mortuaria dell’ospedale Orlandi di Bussolengo, Salvatore Minniti, 57 anni di Lugagnano, e Klodian Kodra, albanese dell’83 anch’egli residente a Lugagnano.

Sono stati arrestati sulla base di un’ordinanza di custodia ai domiciliari emessa dal gip Luciano Gorra (su richiesta del pm Valeria Ardito) e ieri sono comparsi davanti al magistrato per l’interrogatorio di garanzia. Sono rimasti tutti in silenzio e al termine sono rientrati a casa, sottoposti a misura.

 

Un’indagine che, ha preso le mosse dalle intercettazioni (telefoniche e ambientali) a carico di Garonzi sospettato di chiedere anch’egli, come i cellisti scaligeri, di chiedere denaro agli impresari di pompe funebri per «sistemare le salme». Avvisato dell’indagine che stava interessando alcuni dipendenti del Modulo salme del Policlinico Garonzi aveva «bonificato» il proprio ufficio, individuando telecamere e cimici, e convinto di non essere «ascoltato» al telefono aveva continuato a tenere contatti con Minniti per quello che riguardava la consegna di stupefacenti. Aveva semplicemente avvertito il suo interlocutore di non incontrarsi più nella camera mortuaria.

Telefonate brevi caratterizzate da un linguaggio convenzionale e monitorando l’utenza di Minniti è emerso che i suoi interlocutori (una ventina gli acquirenti individuati tra il 26 settembre e il 20 novembre 2017) non erano colleghi di lavoro (lui si occupa di edilizia e collabora con aziende di Sona e Sommacampagna).

Un parrucchiere, un medico, rappresentanti di commercio, operai, giovani disoccupati lo contattavano per un motivo: acquistare cocaina e marijuana. La quantità di stupefacente, si legge nell’ordinanza di custodia (oltre cento pagine , la maggior parte delle quali dedicate alle telefonate tra i tre soggetti e tra loro e i clienti) veniva chiamata «caffè» o «birra da prendere al bar», le consegne avvenivano per strada, al domicilio del cliente piuttosto che nei pressi della casa di Minniti. Stando all’ordinanza il medico aveva due ambulatori e tra loro la terminologia «vicino» e «lontano» (rispetto a Lugagnano) indicava in quale dei due studi sarebbe avvenuta la consegna. In un’occasione venne controllato dai carabinieri e da quel momento un paio di contatti si diradarono.

Stando all’impianto accusatorio a rifornirlo dello stupefacente (consegnato in conto vendita) era Kodra tant’è che, sottolinea il gip, dopo i loro incontri Minniti tornava ad essere disponibile ad incontrare i suoi clienti. E per il magistrato, Garonzi oltre che acquistare droga era un intermediario che procurava dosi agli amici. 

Fabiana Marcolini

Suggerimenti