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Reddito di cittadinanza, 12mila in lista

Il Centro per l’impiego in via delle Franceschine FOTO MARCHIORI
Il Centro per l’impiego in via delle Franceschine FOTO MARCHIORI
Il Centro per l’impiego in via delle Franceschine FOTO MARCHIORI
Il Centro per l’impiego in via delle Franceschine FOTO MARCHIORI

I veronesi beneficiari del reddito di cittadinanza sarebbero dai dieci ai dodicimila. Il condizionale è d’obbligo, perché la norma non c’è ancora e il sussidio, quando arriverà – marzo 2019, se tutto filerà liscio –, si reggerà su diversi requisiti, dal numero dei componenti del nucleo famigliare agli immobili di proprietà, e così via. Dunque per dati più precisi occorre aspettare i dettagli dell’operazione, nero su bianco quando il Governo avrà definito le condizioni. Una proiezione arriva però dal centro per l’impiego Veneto Lavoro di via delle Franceschine, dove il dirigente per l’àmbito di Verona, Luigi Olivieri, ha stimato che i potenziali destinatari del reddito di cittadinanza potrebbero essere fra i 2.500 e i 4mila nel territorio del comune capoluogo e fino a 12mila, contando anche la provincia. «Un calcolo grossolano» specifica «effettuato ragionando sul numero di chi attualmente percepisce il redditto di inclusione, 450mila famiglie italiane, e sui destinatari del reddito di cittadinanza, circa sei milioni e mezzo di persone». A Verona i fruitori del Rei «sono grossomodo 1.300, per cui si potrebbe arrivare ad avere dieci, dodicimila fruitori del reddito di cittadinanza». In realtà i numeri «non li sa nessuno, anche quei sei milioni e mezzo sono una stima. Infatti uno dei lati positivi della manovra sarà che finalmente si creerà una banca dati degli italiani che versano in condizione di povertà». Se Olivieri dovesse avere ragione, si tratterebbe di una fascia di popolazione tutto sommato contenuta. «Il sistema economico di Verona si è sempre difeso bene» commenta. «Anche nei momenti più bui della crisi la disoccupazione non ha superato il 7 per cento, mentre nel resto del Paese era al 12. Ora oscilla fra il 4 e il 5». Tuttavia l’impatto sui Cpi sarà notevole, dal momento che i primi destinatari del provvedimento saranno i disoccupati e saranno questi uffici a gestire le richieste e monitorare la persistenza dei requisiti necessari a ricevere il sussidio. Ai Cpi affluiscono ogni anno la metà dei disoccupati italiani, ovvero un milione e mezzo di persone che improvvisamente si moltiplicheranno per sei. «Nel nostro Paese» sottolinea Olivieri «già bisogna fare i conti con il divario mostruoso fra il numero degli inoccupati e gli addetti ai servizi per il lavoro, che non sono nemmeno ottomila». Senza contare che il reddito di cittadinanza è destinato anche ai sottoccupati, per esempio i part-time o le partite Iva che non arrivano a seimila euro l’anno. Il disegno di legge precisa che si applicherà a chi si impegna nella ricerca attiva di un lavoro, «dunque anche chi non si è mai registrato al Cpi, sarà sollecitato a farlo». In più, sempre sulla carta, i centri per l’impiego dovranno garantire corsi di formazione professionale nel lasso di tempo di percezione del sussidio. «Per cui la platea dei nostri utenti aumenterà esponenzialmente», osserva Olivieri. «Bisognerebbe avere 30mila dipendenti in più, una cinquantina per ogni Cpi, che non si assumono dall’oggi al domani. E al momento non c’è nemmeno lo spazio per metterli a sedere, figuriamoci la logistica tecnologica». Nel frattempo la sala d’attesa di via delle Franceschine è zeppa di veronesi e stranieri alla ricerca di un impiego, che del reddito di cittadinanza per il momento non si preoccupano. «Mi preoccupa piuttosto che possano approfittarsene quelli che lavorano in nero» dice Alessia, 19, che in mano ha una qualifica di estetista. «Non è una cattiva iniziativa. Basta che si aiuti chi ne ha bisogno veramente, e non chi non lavora per scelta» fa eco Francesca, 35 anni, che da poco ha avuto una bambina e non si è vista rinnovare il contratto di lavoro. «Quei soldi si potrebbero investire in altri modi» commenta invece Alberto, marmista di 20 anni. «Per esempio aprendo altre possibilità di formazione. Se dai dei soldi in mano a un disoccupato senza diploma, né qualifica professionale, gli fai un piacere ma non lo aiuti veramente». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Laura Perina

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