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Marini: «Mi sembra
di vivere in un
incubo senza fine»

Lo studio di «Diretta Verona»
Lo studio di «Diretta Verona»
Lo studio di «Diretta Verona»
Lo studio di «Diretta Verona»

«Non ci credo ancora, mi sembra di vivere in un incubo, nonostante il grande amore per il museo che la gente, in quest’occasione, ha dimostrato». Le parole della direttrice uscente dei Musei Civici Paola Marini (che dopo 22 anni in riva all’Adige, tra pochi giorni prenderà la guida delle Gallerie dell’Accademia a Venezia) ieri sera a «Diretta Verona» su Telearena, ribadiscono ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la portata del colpo a Castelvecchio, dove ignoti hanno trafugato, indisturbati, 17 capolavori, tavole e tele tra le più preziose del museo: da Pisanello a Rubens, a Mantegna.

Da allora, non solo in città, infuria la polemica su cosa (e, soprattutto perché) non ha funzionato nell'apparato di sicurezza. Gli investigatori, nel massimo riserbo, inseguono diverse piste, mentre i cittadini pretendono che chi, a diversi livelli, non ha fatto il massimo per vigilare su questi tesori, si assuma le proprie responsabilità.

Otto giorni dopo, tante ipotesi e una sola certezza, di cui si fa interprete il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini: «Abbiamo messo in campo le energie migliori del Paese per risolvere il caso». Ma, intanto, la bufera sulle falle dell'apparato di sicurezza non accenna a placarsi.

«Come vengono scelte le realtà che si occupano della sicurezza nei musei e nei palazzi del Comune?», chiede il giornalista, già assessore comunale alla Cultura, Alfredo Meocci. «Evidentemente al massimo ribasso».

Colpisce ancor più quanto emerge dal report di Sicuritalia, presentato ieri dal sindaco al Consiglio comunale: la sera del furto la centrale operativa aveva rilevato allarmi in alcune scuole veronesi, prontamente verificati dalle guardie. In un asilo nido, addirittura, era stato segnalato il mancato inserimento dell’allarme all’orario stabilito. «Perché, allora, nessuno si è accorto che alla stessa ora non era stato inserito quello di Castelvecchio?», rincara la giornalista de L’Arena Alessandra Vaccari.

Marco Ambrosini, assessore comunale al Turismo, assicura che «per questo il Comune ha già messo in mora Sicuritalia». Certo, aggiunge Marini, uno sforzo per aumentare numero e preparazione del personale di sicurezza andrebbe previsto: «Un modo di coinvolgere anche tanti giovani».

Si passa a parlare delle polizze assicurative che prevedono indennizzi, è stato chiarito in questi giorni, estremamente bassi rispetto al valore delle opere rubate: «Andrebbero rivisti al rialzo i massimali», sottolinea il senatore di Forza Italia Stefano Bertacco, che parla di «responsabilità politica», chiamando in causa il sindaco.

Risponde proprio Flavio Tosi: «Se fossero state rispettate tutte le procedure previste dal contatto con Sicuritalia, il furto non ci sarebbe mai stato. Il Comune, quindi, non ha alcuna responsabilità e si rivarrà nei confronti dell'istituto di vigilanza». Quanto alle norme di sicurezza Castelvecchio, con la control room, 11 addetti presenti nelle sale durane il giorno e 48 telecamere, rispetta tutti i parametri richiesti dalla normativa vigente, il decreto ministeriale del 10 maggio del 2011. «Un sistema che, del resto, finora ha sempre funzionato. Come affermano anche al ministero, di fronte a una rapina a mano armata, dieci guardie invece di una non avrebbero fatto la differenza». Tanto che, tra tutte le possibilità di sinistro previste dalla polizza assicurativa, mentre l’incendio, su una scala da 1 a 5, era valutato 5, una rapina solo 0,15, con massimali in proporzione.

«Le responsabilità, dunque, sono intuibili», conclude Tosi, «se poi c’è stato del dolo lo stabiliranno i magistrati». Ma per Vittorio Sgarbi, ai microfoni di Telearena, non basta: «Per Castelvecchio, realtà importantissima tra i musei italiani, serve un sistema di tutela maggiore».

Elisa Pasetto

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